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Dott. Ferdinando Schiavo

Archivi autore: Ferdinando Schiavo

25 ottobre 2019 – Sacile, Programma evento accreditato ECM e per Assistenti Sociali

Pubblicato su 5 Ottobre 2019 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 25 OTTOBRE 2019 A SACILE

PROGRAMMA EVENTO ACCREDITATO ECM E PER ASSISTENTI SOCIALI

“ASSISTENZA E CURA DELL’ANZIANO FRAGILE IN RELAZIONI COMPLESSE TRA PSICOPATOLOGIE E DEMENZE”

Moderatrice dell’evento: dott.ssa Laura D’Ospina

“Assistenza e cura dell’anziano fragile in relazioni complesse tra psicopatologie e demenze” è la nuova proposta formativa della Cooperativa sociale Itaca. L’evento è gratuito (98 i posti disponibili) e gode del patrocinio dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria n.5 Friuli Occidentale. Responsabile scientifico è il dott. Ferdinando Schiavo, medico neurologo di chiara fama.

Sono previsti 6 crediti ECM per tutte le figure professionali e 6 crediti per assistenti sociali

Iscrizioni solo su http://formazione.itaca.coopsoc.it

Contatti: Ufficio Formazione formazione@itaca.coopsoc.it o tel. 0434 504000

Clicca qui per scaricare il programma completo dell’evento

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18 ottobre 2019 – Bruino, 3C: Casa, Cura, Comunità

Pubblicato su 21 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 18 OTTOBRE 2019 DALLE ORE 17.15 ALLE ORE 18.30

C/O LA SALA CONSILIARE DEL COMUNE DI BRUINO

INCONTRO FORMATIVO SUL TEMA DELL’UTILIZZO A VOLTE SCORRETTO DEI FARMACI

3C: CASA, CURA, COMUNITA’

MAMMA MIA QUANTI FARMACI!

Anziani & Anziane: tra farmaci e mine vaganti

Interverrà il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

INGRESSO LIBERO

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

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18 ottobre 2019 – Rivalta di Torino, 3C: Casa, Cura, Comunità

Pubblicato su 21 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 18 OTTOBRE 2019 DALLE ORE 15.30 ALLE ORE 16.45

C/O IL CENTRO INCONTRI IL MULINO IN VIA BALEGNO 2 A RIVALTA DI TORINO

INCONTRO FORMATIVO SUL TEMA DELL’UTILIZZO A VOLTE SCORRETTO DEI FARMACI

3C: CASA, CURA, COMUNITA’

MAMMA MIA QUANTI FARMACI!

Anziani & Anziane: tra farmaci e mine vaganti

Interverrà il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

INGRESSO LIBERO

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

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18 ottobre 2019 – Pinerolo, Convegno Comunità Amica delle persone con demenza

Pubblicato su 21 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 18 OTTOBRE 2019

c/o Hotel Barrage Str.le S. Secondo 100 a Pinerolo (TO)

CONVEGNO COMUNITA’ AMICA DELLE PERSONE CON DEMENZA: NASCITA, SVILUPPO E RACCONTO

Alle ore 12.00 di venerdì interverrà anche il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Sabato 19 ottobre: workshop e laboratori (iscrizione riservata)

Clicca qui per scaricare la locandina completa dell’evento

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17 ottobre 2019 – Pinerolo, Guarda la persona, non la demenza

Pubblicato su 21 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

GIOVEDI’ 17 OTTOBRE 2019 A PINEROLO

C/O CIRCOLO SOCIALE IN VIA DUOMO 1 ALLE ORE 18.00

“GUARDA LA PERSONA, NON LA DEMENZA”

In dialogo con Wendy Mitchell

Wendy Mitchell racconterà la sua esperienza di persona che vive bene con la demenza e il suo aiuto a chi riceve la diagnosi. Un colloquio con il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo.

A seguire, alle ore 19.30, “aperitivo salvacervello” in collaborazione con CFIQ

Clicca qui per scaricare la locandina della serata

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14 ottobre 2019 – Trieste, Obiettivo salute – Demenze: al di là dei luoghi comuni

Pubblicato su 21 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

LUNEDI’ 14 OTTOBRE 2019 DALLE ORE 17.30 ALLE ORE 19.00

CONFERENZA SUL TEMA “DEMENZE: AL DI LA’ DEI LUOGHJI COMUNI”

a cura di CasaViola (Associazione Goffredo de Banfield Onlus)

Via F. Filzi 21/1 – Trieste

Partecipazione gratuita aperta a tutti

Gradita la prenotazione a mezzo email casaviola@debanfield.it o telefono 040.362766

Relatore: dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

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12 ottobre 2019 – Piacenza, Convegno sul tema “Adozione a distanza: una scelta di vita”

Pubblicato su 21 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 12 OTTOBRE ALLE ORE 16.30

c/o Auditorium Fondazione di Piacenza e Vigevano in via S. Eufemia, 12/13 a Piacenza

L’Associazione “P. Antonino Magnani” organizza un Convegno per il 20° Anniversario

ADOZIONE A DISTANZA: UNA SCELTA DI VITA

All’evento interverrà anche il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Clicca qui per scaricare la locandina completa del convegno

Clicca qui per scaricare l’invito

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5 ottobre 2019 – Sant’Ambrogio di Torino, “Cohousing: Assistenza etica e sostenibile per malati di demenza”

Pubblicato su 21 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 5 OTTOBRE ORE 9,30 – 12,30

SALA CONSIGLIARE DEL COMUNE DI SANT’AMBROGIO

Piazza XXV Aprile, 4 – Sant’Ambrogio di Torino

CONVEGNO – TAVOLA ROTONDA

ALZHEIMER E DEMENZE:

ALZHEIMER E DEMENZE: famiglie e comunità locali alla ricerca di approcci innovativi sperimentazioni a confronto

 

“COHOUSING – ASSISTENZA ETICA E SOSTENIBILE PER MALATI DI DEMENZA”

Dott.ssa Laura Nave, Udine. Psicologa, psicoterapeuta, da oltre dieci anni affianca all’attività clinica l’interesse per le malattie neuro-degenerative, sia dal punto di vista della qualità di vita del malato, sia dal punto di vista dei caregiver familiari e dei vissuti complessi legati alla cura. Nel 2015 fonda l’Associazione Demaison onlus, che promuove il cohousing come modalità etica e sostenibile di assistenza per i malati di demenza. “La vita quotidiana in comunità come elemento terapeutico.”

 

“A CASA, IN RESIDENZA PER ANZIANI O IN CO-HOUSING?”

Il breve racconto del Progetto LA STRAGE DELLE INNOCENTI da parte dell’autore, il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Clicca qui per scaricare il comunicato stampa dell’evento

 

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4 ottobre 2019 – Avigliana, due momenti di riflessione su demenze e Alzheimer

Pubblicato su 21 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

Settembre è il mese mondiale dell’Alzheimer. L’Associazione Alzheimer Torino ETS – ODV organizza due momenti di incontro, sensibilizzazione e riflessione sul tema delle demenze e della malattia di Alzheimer. All’evento interverrà ancxhe il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo.

VENERDÌ 4 OTTOBRE ORE 21,00

TEATRO FASSINO, VIA IV NOVEMBRE, 19 – AVIGLIANA (TO)

I N S A N I T Y

Performance di improvvisazione teatrale a cura del Laboratorio Teatro Senza Confini di Fabula Rasa

La Compagnia nasce nel 1993 dall’impegno nel mondo dell’arte e dello spettacolo di alcuni artisti professionisti e operatori sociali. Accanto all’attività di formazione e di produzione di spettacoli per le scuole, negli ultimi anni Fabula Rasa ha focalizzato l’attenzione sul mondo della disabilità con “Teatro Senza Confini – Progetto sensibile d’integrazione tra le diverse abilità”. Il progetto muove i primi passi nel 1999 con un laboratorio teatrale per persone disabili e attualmente conta cinque laboratori teatrali integrati. Il percorso di T.S.C. ha portato all’ampliamento del nucleo artistico di Fabula Rasa con l’ingresso di cinque attori diversamente abili. E’ nata così una nuova forza che ha portato alla definizione di una creatività sempre più essenziale e poetica, una tensione che spinge alla continua esplorazione del linguaggio oltre che ad una maggiore coscienza a sostegno della persona in condizioni di disagio. L’evento è patrocinato dal Comune di Avigliana (TO).

Collaborerà alla riuscita della serata il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo, autore del libro Malati per forza: gli anziani fragili e gli eventi avversi da farmaci,  che farà una breve relazione su “DEMENZE E LUOGHI COMUNI”.

Clicca qui per scaricare il comunicato stampa

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2 ottobre 2019 – Faedis, Serata di educazione sanitaria con il dott. Ferdinando Schiavo

Pubblicato su 21 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

MERCOLEDI’ 2 OTTOBRE 2019 ALLE ORE 18.30

C/O LA SALA CONSILIARE DI FAEDIS

SERATA DI EDUCAZIONE SANITARIA

“SANO E’ CHI VUOL SAPERE: STILE DI VITA PER INVECCHIARE BENE”

Relatore: dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

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28 settembre 2019 – Urbania, Conferenza sul tema “Demenze e luoghi comuni”

Pubblicato su 7 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 28 SETTEMBRE 2019 ALLE ORE 17.30

PRESSO LA SALA VOLPONI A URBANIA

CONFERENZA SUL TEMA “DEMENZE E LUOGHI COMUNI”

Interverrà il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

A seguire, cena di beneficenza a favore dell’Associazione Alzheimer Marche

Oratorio San Domenico Savio, Urbania

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

Per informazioni e prenotazioni chiamare Giovanna al 349.0851254

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27 settembre 2019 – Castel Colonna, Conferenza sul tema “Demenze e luoghi comuni”

Pubblicato su 7 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 27 SETTEMBRE 2019 ALLE ORE 21.00

PRESSO IL TEATRINO COMUNALE DI CASTEL COLONNA

CONFERENZA SUL TEMA “DEMENZE E LUOGHI COMUNI”

Interverrà il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

Per informazioni chiamare il 333.4102361

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26 settembre 2019 – Trieste, workshop su “Come prendersi cura delle persone disorientate”

Pubblicato su 7 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

“BASTA UN POCO DI ZUCCHERO E LA PILLOLA VA GIÙ”

Workshop su “Come prendersi cura delle persone disorientate”

Auditorium Azienda Pubblica di Servizi alla Persona ITIS di trieste

 Giovedi’ 26 settembre 2019 dalle ore 9.30 alle ore 13.30

ASP ITIS E ENAIPFVG

Programma dell’evento:

  • 09.30 saluti del presidente ASP ITIS Aldo Pahor
  • 09.40 musicoterapista Lorena Cecchini: la musica per accompagnare le persone anziane nel loro percorso
  • 10.00 Daniela Macchia: gli animali d’affetto per accompagnare le persone anziane nel loro percorso
  • 10.20 insegnanti validation Miriam Tonetto e Francesco Mosetti: l’empatia per accompagnare le persone anziane nel loro percorso
  • 10.45-11.00 break
  • ripresa dei lavori con dimostrazione yoga con Francesca Colomban
  • 11.15 Ferdinando Schiavo, neurologo: quando come e perche’ il farmaco per accompagnare le persone anziane nel loro percorso
  • 11.45 “Ti ho incontrata domani” visione di cortometraggio di Marco Toscani con l’attrice Chiara Turrini
  • l’attrice Chiara Turrini in una pièce teatrale
  • 12.30 salotto con i relatori, il pubblico e il giornalista Pierpaolo Gregori per: tiriamo le fila di “basta un poco di zucchero e la pillola va giù”
  • 13.15 conclusioni del Direttore Generale ASP ITIS Fabio Bonetta

Iscrizione gratuita presso ITIS Trieste

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25 settembre – Codroipo, rassegna di eventi sul tema: Alzheimer, la comunità che sostiene

Pubblicato su 7 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

rassegna alzheimer 16.09 - 01.10.2019

MERCOLEDI’ 25 SETTEMBRE DALLE ORE 14.00 ALLE ORE 18.00

c/o Sala Banca Ter di Codroipo

“TI HO INCONTRATA DOMANI”

L’arte e la cultura attraverso il cinema, per comprendere meglio i territori delle demenze

Interverrà il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

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21 settembre 2019 – Udine, FAR MIND – L’amore al tempo dell’Alzheimer

Pubblicato su 7 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 21 SETTEMBRE 2019 ALLE ORE 09.45

c/o il Cinema Centrale in via Poscolle, 8 a Udine

L’Associazione Demaison Onlus, in occasione della XXVI Giornata Mondiale dell’Alzheimer, ha organizzato il secondo FAR MIND, LA MENTE LONTANA, un percorso intorno alle demenze sviluppato attraverso la lente del cinema e le annotazioni degli esperti

far mind

All’evento parteciperà il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

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13-15 settembre 2019 – Treviso, Alzheimer Fest, 50 sfumature di cura

Pubblicato su 7 Settembre 2019 di Ferdinando Schiavo

NELL’AMBITO DELL’ALZHEIMER FEST DI TREVISO

CINQUANTA SFUMATURE DI CURA

Da venerdì 13 a domenica 15 settembre 2019 c/o l’aula del “Piccolo Parlamento” a Parco di Sant’Artemio (TV)

Maratona no stop a cura di ISRAA con esperienze sul campo, operatori e realtà territoriali

SABATO 14 SETTEMBRE DALLE ORE 17.00 ALLE ORE 18.45, VII SESSIONE

“LIBERACI DA OGNI CONTENZIONE”

Coordina il dott. Ferdinando Schiavo, Neurologo

sabato 14.09.2019

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Sembrava mobbing. Quando le demenze arrivano in età lavorativa

Pubblicato su 16 Luglio 2019 di Ferdinando Schiavo

Still Alice (2014) Alice Howland è una donna alla soglia dei 50 anni, orgogliosa degli obiettivi raggiunti. È un'affermata linguista e insegna alla Columbia University, ha una solida famiglia composta dal marito chimico e da tre figli, Anna, Tom e Lydia, tutti e tre realizzati. Ma improvvisamente la sua vita cambia, quando le è diagnosticata una forma presenile di Alzheimer. Tutte le sue certezze crollano, diventa una donna fragile e indifesa, anche agli occhi della famiglia che l'ha sempre vista come un pilastro.

Bruno lo avevo conosciuto negli anni ’80 perché era stato ricoverato in neurologia in seguito ad un potente attacco di emicrania con aura, il primo della sua vita di sedicenne. Aveva perso l’uso della parola per almeno un’ora e un po’ della forza e della sensibilità al braccio destro. Tutto era cominciato poco prima con un abbaglio di sole in una giornata che peraltro era inesorabilmente grigia: a destra del suo campo visivo erano sorte delle piccole sfere molto illuminate che si erano andate via via ingrandendo. La professoressa di italiano si era accorta che qualcosa non stava andando bene, solitamente Bruno era attento alle sue lezioni: ora appariva pallido, svagato e con un’espressione preoccupata.
– Bruno, stai bene?
– mmmh…mmmhhh

Ci fu la corsa all’ospedale e comunque tutto si esaurì in poco tempo, anche il mal di testa che nel frattempo aveva fatto la sua comparsa. C’era solamente la “TAC” all’epoca ed era risultata negativa, pure al controllo del giorno dopo; e così anche la SPECT, eseguita tuttavia solo a distanza di tre giorni. E c’era una storia familiare di emicrania con e senza aura, e questo dato convinse tutti a non procedere con esami invasivi come un’angiografia cerebrale.
Negli anni successivi Bruno era tornato a farsi vedere, sempre accompagnato dal suo attentissimo papà, per qualche altro raro episodio di Emicrania con aura per i quali avevamo scelto di non dare una terapia preventiva ma solo buoni consigli da seguire.
Mi sono preso cura professionalmente nel tempo di altri membri della sua famiglia mentre Bruno diventava architetto e stava sempre meglio, si era sposato, aveva avuto due splendide bambine, aveva trovato lavoro in un comune rivierasco vicino casa che d’estate si affollava di bagnanti. Era diventato l’architetto del verde ed in effetti doveva aver dato un ottimo contributo davvero perché quel posto era divenuto negli ultimi anni ambìto dai turisti anche sotto questo aspetto.
Ma nel 2018, quasi un anno fa, Bruno è tornato a farsi vedere perché aveva “problemi di lavoro con i colleghi”. Il suo racconto procedeva sciolto e senza lasciare apparenti miei dubbi (era un mobbing, mi sono detto!). Insomma, era stato estromesso da quel lavoro di programmazione e cura del verde pubblico ed avviato ad un lavoro di ufficio per lui senza senso e senza, soprattutto, possibilità creative.
La moglie non commentava. La sua presenza quel giorno si dimostrò comunque utile, anzi decisiva, quando in risposta alle mie insistenze da sgualcito tenente Colombo disse “si, Bruno, da qualche mese sei disordinato in casa, tu che eri così preciso. Ho trovato un paio di tue scarpe dentro l’armadio dei vestiti…”.
È bastato un semplice test breve, anzi due, il “Mini Mental” (MMSE) e il test dell’orologio: ho cominciato proprio con quest’ultimo e ci ha lasciato a bocca aperta, in un’atmosfera di sorpresa mista a dispiacere – e immagino che quello della moglie fosse più che un dispiacere.

Test_dellorologio   mini mental mente

Al “Mini Mental” la prova della copia dei due pentagoni era al limite della normalità ma aveva richiesto più tempo del previsto (era pur un architetto!) e qualche test su altri versanti della nostra complessa cognitività aveva denotato incertezze al limite dell’errore.
Con un uomo di poco più di 50 anni in queste condizioni bisognava andare a fondo, in qualche modo giustificando il comportamento dei suoi colleghi: che ne potevano sapere di prassia costruttiva, di progettualità frontale, di gnosia e di alterazioni visuo-spaziali!
Gli esami umorali ad hoc e la RM dell’encefalo non rivelarono sorprese, ma la valutazione neurocognitiva estensiva ci confermò ampiamente il sospetto clinico di una probabile Atrofia Corticale Posteriore (PCA nell’acronimo anglosassone), una di quelle modalità con cui una patologia dementigena di tipo alzheimeriano (ma anche legata ad altre patologie) può esordire risparmiando, almeno inizialmente, la memoria.
Margherita è un nome adatto ad una insegnante di scuola materna. Due anni fa era venuta da sola (e questo non aiuta, quasi sempre, nel dirimere la matassa in casi complessi), raccontando di colleghe di lavoro incavolate con lei e senza alcun motivo apparente.
La raccolta della storia procedeva sui binari del racconto dell’incomprensione reciproca tra colleghe, anche se negli anni precedenti erano andate sempre d’accordo. Anzi, quando tre anni prima Margherita si era separata, erano state molto cortesi e protettive con lei. Che strano mobbing!
Poi Margherita aggiunse: “forse qualche errore nella stesura dei programmi, maledetta burocrazia!”
“Dai, i test brevi glieli faccio” mi sono detto.
Una catastrofe, era peggio di Bruno! E sempre su quel versante progettuale legato al “capire lo spazio”. Come poter parlare con un suo familiare? Unico aggancio che avevo (non è certamente carino dire a una donna di 55 anni “torni accompagnata da un familiare adulto”!): il suo medico. All’inizio della visita mi ero meravigliato che Gioacchino avesse consigliato me per una valutazione per problemi di mobbing, sa che non tratto la “piccola psichiatria” convinto che altri professionisti la sappiano gestire responsabilmente e in maniera più consona. Ma aveva visto giusto lui!
Solito iter e stessa diagnosi.
Negli ultimi anni sono stato colpito da altre sorprese del genere. Nel corso della raccolta della storia clinica e di vita di una persona adulta ho visto emergere in itinere qualche mio silenzioso e malevolo pregiudizio (“questo mena il can per l’aia”; “mi sa che si sta inventando tutto”; “non ha mai lavorato in vita sua e pontifica sui suoi colleghi che, a suo dire, non valgono nulla e gli tarpano pure le ali”…) che poi è risultato sconfitto da una realtà di malattia non certo benevola.
Un’altra giovane architetta (non sarà che la PCA colpisca più architetti che altre professioni???) cinque anni fa era venuta accompagnata dagli anziani genitori. Si era accomodata in studio lasciandoli in sala d’aspetto. Pensavo che volesse dirmi “l’indicibile” su uno dei due, come avviene molte volte in questa professione di neurologo dei vecchi per una mia scelta che comunico preventivamente a colei (quasi sempre prendono gli appuntamenti le donne!) che sta chiedendo una valutazione per un padre, una madre, un fratello, una sorella: ”se pensate di dovermi raccontare particolari che possono ferire il vostro congiunto o farlo irrimediabilmente arrabbiare, inviatemi prima della data scelta una mail dettagliata, oppure entrate poco prima di lui\lei oppure, ancora meglio, prendete un appuntamento di mezz’ora e venite da soli qualche giorno prima a parlarne!”.
No. Quell’appuntamento era per lei per una vicenda simile a quella di Bruno. Stessi miei pregiudizi (“mobbing!” dichiarava il mio sotterraneo dell’anima), e purtroppo stesso finale di partita.
Quando una di queste malattie legate al mondo delle demenze, forse della stessa natura per i tre casi raccontati qui, colpisce una persona ancora attiva e ben inserita nel mondo del lavoro, possono sorgere incomprensioni con i colleghi prima ancora che con i familiari.
Nei tre casi che ho scelto di raccontarvi, inoltre, era assente la coscienza di malattia, un aspetto per nulla secondario nel campo delle demenze, a volte poco considerato dai colleghi malgrado il suo carico di pericolosità per sé e per gli altri in quanto possa esporre la persona malata a vari rischi tra cui gli incidenti sul lavoro o della strada, a una mancata diagnosi (“sto bene io! Vacci tu dal neurologo”), a truffe, all’assenza di controllo e accudimento da parte dei familiari (“non ne ho bisogno!”).
La mia esperienza è di segno contrario a ciò che è raccontato in “Perdersi” da Lisa Genova (edizioni Piemme) -da cui il bel film Still Alice- (qui) e a quanto è riportato in una recente ricerca australiana che ha sondato il legame tra demenza e mondo del lavoro.

colombo

Qui, l’insorgere della malattia è stato descritto dagli intervistati come una lenta transizione che all’inizio non è stata notata dai colleghi. I cambiamenti prima non erano visibili agli altri e riguardavano principalmente il personale “non ricordarsi qualcosa”, l’essere più disorganizzato, compiere più errori nel lavoro e lavorare più lentamente. Gli intervistati hanno raccontato che con il tempo le loro prestazioni sul lavoro continuavano a peggiorare e solo allora anche i colleghi hanno iniziato a rendersi conto che qualcosa non andava… (Evans, D. An exploration of the impact of younger-onset dementia on employment. Dementia, The International journal of social research and practice, published online first 8 September 2016, doi:1471301216668661).
La demenza che colpisce una persona ancora in età lavorativa è un aspetto del mondo delle demenze su cui è necessario riflettere.

Pubblicato in Storie Cliniche |

Progetto di De-Formazione sul tema delle De-Menze e dintorni

Pubblicato su 7 Luglio 2019 di Ferdinando Schiavo

01

Dr Ferdinando Schiavo, neurologo dei vecchi

www.ferdinandoschiavo.it

schiavo.libero@libero.it

FB professionale: dott. Ferdinando Schiavo


 Proposta di Progetto di de-formazione professionale in tema di fragilità, demenze e parkinsonismi


A fin di bene collettivo perché a debita distanza dalla distorsione e dalla zavorra dei pregiudizi e dei luoghi comuni che persistono tra la gente comune, i professionisti non medici della Salute, i medici (e persino gli specialisti neurologi, geriatri, psichiatri e internisti)

Breve lettera aperta ai miei colleghi di lavoro di ogni ordine e grado nel campo della Salute. Intendo, a scanso di equivoci, MMG, Medici di residenze per anziani, Farmacisti, IP, Psicologi, FKTerapisti, Logoterapisti, Animatori, Educatori e OSS


Mi giungono messaggi allarmanti che riguardano i medici e, direi meno spesso gli altri professionisti della Salute elencati sopra, circa l’utilità di partecipare ad un evento formativo sul tema dell’invecchiamento della popolazione, della fragilità, delle “malattie da farmaci” e del campo complesso delle demenze e parkinsonismi.

Mi trovo fondamentamente d’accordo con coloro che, dopo attenta lettura dei contenuti di questo Decalogo del De-Formatore, riconosceranno in maniera onesta che quanto è esposto qui di seguito è già patrimonio proprio ben acquisito e pertanto sperimentato ed applicato nel lavoro. Per loro sarebbe, sì, un evento inutile.

Invito invece gli altri, “quelli che non hanno tempo di leggerlo o che ritengono di sapere già tutto su questi temi emergenti” (sono tra le risposte che ottengono amaramente certe appassionate organizzatrici o gli stupiti organizzatori di eventi su tali argomenti!) ad una ancora più attenta e critica lettura e successivamente ad una umile ed intelligente scelta.

Scrive Tom Nichols in LA CONOSCENZA E I SUOI NEMICI a pag. 26 “… invece, ormai viviamo in una società dove l’acquisizione di un sapere anche minimo è il punto di arrivo dell’istruzione, anziché l’inizio. E questa è una cosa pericolosa”.

L’autore cita anche (pag. 65) l’effetto Dunning-Kruger, dal nome dei due ricercatori della Cornell University che l’hanno descritto nel 1999, l’insidioso fenomeno che condanna chi è incompetente a non accorgersi della propria incompetenza: “… più si è incompetenti e più si è convinti di non esserlo…”

Mi ha molto inquietato in questi anni recenti l’assenza dei medici dell’organico di residenze per anziani agli eventi informativi organizzati nel loro stesso luogo di lavoro o comunque in posti vicini. Credo e temo, per esperienza, che per loro “le cose che non si sanno non esistono” e per tale motivo li torno ad invitare a leggere con umiltà e attenzione queste pagine.

In qualche caso il disinteresse dei medici di una struttura residenziale per anziani o dei MMG afferenti del territorio ha persino determinato la mancata organizzazione dell’evento fortemente voluto dalle altre figure professionali “che desideravano sapere”…

Decalogo del De-Formatore

Ho riflettuto a lungo: in definitiva non mi sento un formatore ma un de-formatore visto quel che vedo in giro da tempo e i motivi per cui devo lottare quasi tutti i giorni con coloro i quali credono che:

  1. … tutti i vecchi siano obbligati a diventare dementi o comunque, se vanno incontro a qualche deficit di memoria o altro, tutto ciò sia normale.

In questo specifico caso, li accuso pubblicamente di “razzismo dell’età” ovvero di praticare l’AGEISMO, il “tanto è vecchio” che giustifica tutto e spesso la scelta del non fare nulla, ad es. per  giungere alla diagnosi di demenza, poiché per loro è normale essere dementi “ad una certa età” (quale?). Un pregiudizio pesante da tollerare.

  1. … tutte le demenze siano senili o, bene che vada, “di Alzheimer o vascolari”.

La demenza senile non esiste, tanto per cominciare! A meno che non emerga qualche certezza su questa “nuova” forma che si chiama LATE e che vede protagonista una sostanza conosciuta da qualche tempo per altre patologie degenerative, la TDP-43.

Alzheimer e altre demenze: ci sono cascati, pensate, persino i cosiddetti grandi specialisti ministeriali quando nel 2000 circa crearono in tutta Italia le UVA, Unità Valutative Alzheimer, come se non esistessero le “altre” demenze! Eppure già si sapeva delle demenze fronto-temporali e soprattutto della demenza a corpi di Lewy

  1. … tutte comincino con un disturbo di memoria.

Persino quella di Alzheimer può cominciare diversamente, immaginiamo le “altre”! Ecco due modi, tratti da Quando andiamo a casa? di Michele Farina, giornalista del Corriere della sera ed ideatore e organizzatore degli Alzheimer Fest in giro per l’Italia.

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Ma non tutti lo sanno… I sintomi possono esordire in altri modi ancora, sia nell’Alzheimer che, in particolare, nelle altre forme di demenza! E il livello di preparazione per far fronte a queste infinite variabili? Un parkinsonismo può essere presente nel corso di un quadro di demenza così come una malattia di Parkinson e alcuni parkinsonismi possono complicarsi con demenza. A tale scopo, potete leggere sul mio sito la vicenda di Robin Williams, malato… a sua insaputa.

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  1. … quasi tutte vengano “misurate” adeguatamente dal fallace test MMSE (Mini Mental). Il Mini Mental invece mente… spesso.

Infatti, si può essere dementi di grado serio anche raggiungendo il punteggio di 29\30, cioè sbagliando solo un item: basta fare tremende cavolate ad esempio alla copia dei due pentagoni e poi magari replicarle al test dell’orologio…

Questo mancato riconoscimento che ricaduta avrà sulla famiglia? Giustamente il familiare non arriverà a capire perché, fluttuando cognitivamente (le fluttuazioni cognitive, comportamentali e persino della vigilanza sono frequenti, soprattutto nelle LBD), quel congiunto malato in certi momenti si perda per strada e non sappia vestirsi o non riconosca il water rispetto al bidet…

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Inoltre, in casi del genere, esiste una difficoltà per la famiglia nell’ottenimento di alcune tutele legate al corretto riconoscimento di invalidità e sotto il profilo legale (testamento, decisioni varie…), anche perché lo stadio demenziale viene “misurato” pure con la CDR (Clinical Dementia Rating Scale). Ma come può “misurarle” bene chiamando stadio MODERATO (CDR 2) una fase in cui enuncia: perdita di memoria severa, materiale nuovo perso rapidamente; difficoltà severa nell’esecuzione di problemi complessi, giudizio sociale compromesso; richiede molta assistenza per cura personale…. Come si intuisce, l’aggettivo moderato in una scala universalmente accettata, può essere invece degno di contestazione perché fonte di errori nel giudizio clinico e prognostico e di conseguenza a livello di tutele legali e amministrative: concessione di invalidità, assegno di accompagnamento, 104.

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5…. un paziente apatico sia un depresso. Se ne accorgeranno quando peggiorerà se trattato con antidepressivi! E una persona anziana con psicosi sia solamente affetta da una psicosi tardiva e non, magari, da una demenza (visto che non tutti i medici eseguono i test cognitivi brevi)

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6…. ogni caso di aggressività o, peggio, di wandering, di affaccendamento, di misconoscimento della propria abitazione o del marito ecc. vada affrontato SEMPRE con psicofarmaci e non con strategie NON farmacologiche da insegnare e fare apprendere ai familiari e agli altri professionisti della salute…

7…. per contrastare i disturbi comportamentali usano in primis gli psicofarmaci – di varie tipologie – iniziando da una dose magari alta, per poi magari aumentarla anche se la persona malata peggiora, invece di iniziare da dosi basse e poi valutare secondo la SCHEDINA SCHIAVO, che dice:

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E se proprio dobbiamo usarli, cominciamo con una dose bassa… E così vedremo:

1 = va peggio: non aumentare! Come in un labirinto, bisogna tornare indietro e provare altro, col pudore del buon senso.

X=resta uguale: si può provare la dose superiore.

2= migliora: ci è andata bene! Continuare con la dose minima efficace e non per sempre! Questo perché “le cose cambiano” nel corso di un quadro di demenza: le allucinazioni comparse a giugno possono scomparire a novembre la terapia o spontaneamente (e in modo paradossale) con l’evoluzione della malattia!

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8… non sanno cosa sia la temibile e incompresa ACATISIA da farmaci e colpevolmente aumentano le dosi dei farmaci incriminati creando un terrificante circolo vizioso!

Leggere su  www.ferdinandoschiavo.it e altrove!

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9… continuano a dare gli inibitori delle colinesterasi (I-ChE) e\o la Memantina anche nei pazienti che “non rispondono”, ovvero non traggono alcun vantaggio. E magari non li sospendono neanche davanti a una complicazione favorita dal loro uso, come una sincope o una crisi epilettica.

10… consigliano due (o anche tre!) farmaci da iniziare contemporaneamente, ad esempio un I-Che (Donepezil o Rivastigmina) e un antipsicotico atipico (Quetiapina-Seroquel, la più amata dagli italiani!).

Se il paziente sviene o peggiora o comunque non tollera uno dei due farmaci, come si farà a scoprire quale dei due è il responsabile? Nel water ambedue, allora! Suggerimento di buon senso clinico: iniziare con uno e far partire il secondo dopo qualche giorno…

Un decalogo in effetti non basta

  • Primo supplemento al punto 10: quando ti trovi davanti a una persona con demenza che assume tre o quattro psicofarmaci, è confusa, rallentata, spesso freneticamente acatisica, e i familiari ti chiedono delle risposte, io rispondo invece con delle domande: “ma come cavolo avete fatto ad arrivare a 3, 4 psicofarmaci? Come mai, se il primo non “funzionava” (o peggio, creava effetti paradossi ecc.) non è stato sospeso? E così il secondo e poi gli altri?”

Proposta: se con calma li riduciamo uno alla volta fino alla possibile sospensione e la persona malata resta così (tenendo conto che qualche volta migliora vistosamente!) vi va bene? Ovvero: se torna uguale a prima ma senza gli psicofarmaci è già un dato positivo, che può comportare un tentativo NON farmacologico oppure uno con un singolo psicofarmaco, da valutare secondo Schedina Schiavo.

  • Secondo supplemento al punto 10: chiediti SEMPRE se quella persona malata “è così per evoluzione naturale della malattia o perché assume farmaci inappropriati o per altri motivi”? La lettura del caso 29 di Malati per forza e di altri casi ti farà capire meglio. La puoi trovare anche sul mio sito: è la storia della “mummificata”. Nel corso dei suoi quasi 5 anni di patimenti, è stata visitata da diversi specialisti del triveneto, nessuno dei quali si è posto la domanda che ho riportato poche righe fa. La protagonista e i suoi familiari non hanno sporto denuncia…

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  • Terzo supplemento al punto 10: chiediti, se valuti una persona con sintomi parkinsoniani, se è veramente malattia di Parkinson o si tratta di un Parkinsonismo: nel primo caso migliora sotto il profilo motorio con l’assunzione dei dopaminergici (dai tanti nomi), nel secondo in genere no, a parte in qualche caso una iniziale debole e transitoria risposta motoria.

Ragionamento di buon senso condito con scienza: se non migliora sul piano motorio e per giunta soffre degli eventi avversi di questi farmaci (allucinazioni ed altro), è corretto continuare? Traetene le conclusioni!

Ne ho scritto in un capitoletto a pagina 129 di Malati per forza: Quando la malattia di Parkinson si rivela essere o diventa “altro”.

  • Quarto supplemento al punto 10: gli anticolinergici. Se una persona anziana con o senza sintomi parkinsoniani di varia natura presenta alterazioni cognitive (e spesso NON a carico della memoria, per cui non vengono riconosciute!) e\o comportamentali (tipo psicosi e allucinazioni e magari nell’ambito di un quadro di demenza non riconosciuta in quanto non adeguatamente indagata) ed assume anticolinergici tipo Akineton, Tremaril, Kemadrin, Artane, Sormodren, Disipal … potreste chiamare i Carabinieri!

Queste molecole fanno parte del vasto campo dei farmaci ad azione anticolinergica (che significa anti-acetilcolina, noto neurotrasmettitore, e quindi ad azione anti-memoria ed altro ancora!) tra cui Buscopan ed altri antispastici viscerali che ben conosciamo, Laroxyl ed altri antidepressivi triciclici, Paroxetina, Codeina… in un orizzonte vasto che comprende circa 600 sostanze non tutte qui elencabili.

Tali farmaci possono far peggiorare un quadro di demenza preesistente oppure contribuire a favorire o provocare un Delirium, che è sostanzialmente uno stato confusionale che può portare persino alla morte e comunque ad un peggioramento della fragilità tale da limitare successivamente l’autosufficienza.

Il Delirium è purtroppo poco o mal conosciuto dai medici malgrado sia funestato da conseguenze serie e sia presente in circa il 20-25% dei ricoverati in ogni ospedale occidentale!

Alcune parziali riflessioni su un tema complesso in cui i farmaci non sono gli unici incriminati…

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Anche le cattive abitudini, il “si è fatto sempre così” che porta alla contenzione meccanica…

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  • Infine, quinto supplemento che si riallaccia al punto precedente e che sta alla base della medicina olistica, quella che guarda oltre i confini di un organo e di una malattia: molti medici non conoscono la COMPLESSITA’ determinata dalla fragilità e dalla cronicità, molto comuni nelle persone anziane, soprattutto se di genere femminile!

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Tale complessità incide notevolmente nella gestione di una persona anziana con demenza, in cui i “contorni”, ovvero le malattie (diabete, ipertensione, cardiopatie ecc.) e altri fattori (obesità, sedentarietà, solitudine, ecc.) vanno affrontati in modo olistico, prendendosi in cura dell’intera persona e non limitandosi al proprio orticello specialistico.

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Gli errori nel campo della prescrizione dei farmaci, trattandosi peraltro di persone che ne assumono diversi e per varie patologie, possono nascere per numerosi motivi tra cui l’inappropriatezza (cfr. anche il mio Malati per forza oppure il sito www.ferdinandoschiavo.it e www.perlungavita.it oppure i Criteri di Beers su JAGS 2015).

Tra questi errori si annida anche la scorretta RICONCILIAZIONE, una sorta di revisione periodica (e in particolare in occasione di trasferimenti da ospedale a casa o in altra struttura!) della terapia farmacologica. In questo compito la “medicina della fretta” non aiuta!

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Il Progetto è adatto a un percorso formativo svolto a debita distanza dai luoghi comuni e dai pregiudizi, adatta ai professionisti della sfera sociale e sanitaria di ogni livello e grado, dei comuni cittadini e degli alunni delle scuole superiori, di chi desidera impegnarsi contro il razzismo dell’età, ovvero l’ageismo, e la sottovalutazione delle emergenti malattie neurodegenerative con il loro corollario di incombenti “malattie da farmaci”.

Note suppletive dedicata ai professionisti “non-medici”

A proposito di quei professionisti della Salute che affermano: “I farmaci li ordina il medico ed è solo lui che può gestirli. Noi cosa c’entriamo?”

La responsabilità sui farmaci prescritti è sempre dei medici?

Infermiere – Dovere di vigilanza prescrizione farmaco

  1. Corte di Cassazione Penale – Infermiere – Dovere di vigilanza prescrizione farmaco – L’infermiere ha un preciso dovere di attendere all’attività di somministrazione dei farmaci in modo non meccanicistico, occorrendo viceversa intenderne l’assolvimento secondo modalità coerenti a una forma di collaborazione con il personale medico orientata in termini critici e tanto non già al fine di sindacare l’operato del medico, bensì allo scopo di richiamarne l’attenzione sugli errori percepiti. (Sentenza n. 2192/15).

FATTO.  Con sentenza resa in data 6/11/2012, il giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Busto Arsizio ha pronunciato l’assoluzione di L.R. e di P.L. dall’imputazione relativa al reato di omicidio colposo, dagli stessi asseritamente commesso, in violazione della disciplina relativa all’esercizio della professione infermieristica, ai danni di Pa.Fe., in (OMISSIS).

Agli imputati era stata originariamente contestata la condotta colposa consistita nel cagionare il decesso del Pa., avvenuta a seguito della somministrazione allo stesso del farmaco Amplital, contenente amoxicillina, cui il Pa. era allergico.I n particolare, al L., in qualità di infermiere professionale caposala in servizio presso il reparto di urologia dell’ospedale di (OMISSIS), era stata originariamente contestata la condotta omissiva consistita, da un lato, nel mancato rilievo, per negligenza o imperizia, del contrasto tra la prescrizione medica dell’Amplital e l’allergia del paziente all’arnoxicillina e, dall’altro, nella mancata segnalazione di detto contrasto al personale medico.

DIRITTO: Sul punto, varrà osservare come, in considerazione della qualità e del corrispondente spessore contenutistico della relativa attività professionale, non possa non ravvisarsi l’esistenza, in capo all’infermiere, di un preciso dovere di attendere all’attività di somministrazione dei farmaci in modo non meccanicistico (ossia misurato sul piano di un elementare adempimento di compiti meramente esecutivi), occorrendo viceversa intenderne l’assolvimento secondo modalità coerenti a una forma di collaborazione con il personale medico orientata in termini critici; e tanto, non già al fine di sindacare l’operato del medico (segnatamente sotto il profilo dell’efficacia terapeutica dei farmaci prescritti), bensì allo scopo di richiamarne l’attenzione sugli errori percepiti (o comunque percepibili), ovvero al fine di condividerne gli eventuali dubbi circa la congruità o la pertinenza della terapia stabilita rispetto all’ipotesi soggetta a esame; da tali premesse derivando il ricorso di puntuali obblighi giuridici di attivazione e di sollecitazione volta a volta specificamente e obiettivamente determinabili in relazione a ciascun caso concreto.

E’ appena il caso di rilevare, per altro verso, come del tutto correttamente la corte territoriale abbia impostato e risolto il tema della rilevanza causale delle colpevoli omissioni ascritte all’imputato (di là dall’elevata credibilità razionale del relativo rilievo condizionalistico ipotizzabile alla luce del ragionamento controfattuale), confermando l’esclusione di alcuna incidenza risolutiva del nesso di causa alle successive omissioni imputabili al personale infermieristico e medico succedutosi nella cura del paziente, avendo coerentemente richiamato la decisiva rilevanza sul punto rivestita dal consolidato insegnamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale, in tema di causalità, non può parlarsi di affidamento quando colui che si affida sia in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, che gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione, con la conseguenza che qualora, anche per l’omissione del successore, si produca l’evento che una certa azione avrebbe dovuto e potuto impedire, esso avrà due antecedenti causali, non potendo il secondo configurarsi come fatto eccezionale, sopravvenuto, sufficiente da solo a produrre l’evento).

  1. Cassazione, medici e infermieri responsabili per i farmaci somministrati

La Suprema Corte ha condannato sia il personale infermieristico che medico a causa di un errore di s. di un farmaco antiblastico

Il compito di somministrare i farmaci negli ospedali spetta agli infermieri, che vi adempiono attenendosi alle prescrizioni fatte dai medici. La Corte di cassazione, con la sentenza numero 20270/2019, ha però precisato che la somministrazione del farmaco è un atto non meccanicistico ma collaborativo con il personale medico.

Ovvero l’infermiere, pur non potendo sindacare l’operato del medico, deve in ogni caso richiamare l’attenzione su degli errori che sia in grado di apprezzare ed esporre i suoi eventuali dubbi circa la congruità o la pertinenza della terapia. In pratica ha un ruolo di garanzia nella sfera della terapia farmacologica, limitato al confronto con il medico al quale è demandata la scelta della cura migliore per il paziente.

Tra i compiti dell’infermiere c’è la “segnalazione di ‘anomalie’ che sia in grado di riscontrare o di eventuali ‘incompatibilità’ fra farmaci o fra la patologia ed il farmaco da somministrare o fra particolari condizioni (per es. allergie annotate in cartella o a sua conoscenza) e la cura prevista”.

La vicenda

Nel caso in questione, all’infermiera imputata in giudizio era stato rimproverato di aver preparato una dose di un farmaco per un paziente, attenendosi alla prescrizione interna nonostante la chiara esorbitanza rispetto alla posologia contemplata nell’esperienza medico-scientifica e alle tecniche di somministrazione del farmaco.

La donna aveva agito senza preoccuparsi di sollecitare un medico strutturato affinché controllasse l’adeguatezza della posologia, nonostante i dubbi nutriti in proposito. Si era tuttavia confrontata con uno specializzando. Nel dettaglio l’’errata somministrazione di un farmaco antiblastico a una paziente affetta da linfoma di Hodgkin in chemioterapia ne aveva provocato la morte. Questo perché durante il ciclo terapeutico è stata somministrata, per errore di trascrittura sul foglio di prescrizione interna, una dose di 90 mg di farmaco antiblastico anziché 9 in base alla superficie corporea della paziente, già trattata in precedenza in modo analogo, ma con le giuste dosi, con successo.

I referenti degli infermieri

Per la Cassazione, occorre che il giudice del merito torni sul punto, verificando se, dai vari elementi raccolti in giudizio, possa essere ricavata una regola di condotta contenuta in norme procedurali note o conoscibili dall’agente modello, che preveda che l’infermiere, per sciogliere dei nodi relativi al dosaggio dei farmaci, debba confrontarsi solo con medici cc.dd. strutturati e non possa validamente interloquire con gli altri medici operanti nei reparti, come gli specializzandi, comunque dotati di relativa autonomia di intervento.

Per la Cassazione l’infermiere ha un ruolo di garanzia nella terapia farmacologica, limitato al confronto con il medico che invece deve scegliere la cura migliore per il paziente. Per cui è obbligo dell’infermiere la “segnalazione di anomalie che egli sia in grado di riscontrare o di eventuali incompatibilità fra farmaci o fra la patologia ed il farmaco da somministrare o fra particolari condizioni (per es. allergie annotate in cartella o a sua conoscenza) e la cura prevista”.

Prima e dopo la vicenda erano intervenuti anche altri colleghi dei due professionisti, ma senza risolvere l’errore e, quindi, anch’essi imputabili secondo i giudici. Secondo la Cassazione, infatti, “l’evento letale era stato determinato da un gravissimo errore dell’anestesista, qualificato dalla Corte “rischio nuovo e drammaticamente incommensurabile”, rispetto a quello innescato dalla prima condotta”.

“Si tratta di un principio – si legge nella sentenza – ribadito anche di recente da questa Sezione, secondo cui, in tema di reati colposi omissivi impropri, l’effetto interruttivo del nesso causale può essere dovuto a qualunque circostanza che introduca un rischio nuovo o comunque radicalmente esorbitante rispetto a quelli che il garante è chiamato a governare”.

“Il canone si estende certamente – prosegue la sentenza riportata da Quotidiano Sanità – al reato commissivo, qual è quello di specie, e che, tuttavia, in egual modo implica che l’esorbitanza del rischio sia tale da costituire ‘rischio nuovo'”. “Nell’ipotesi in esame – sottolinea la Cassazione – il rischio garantito da colui che compila la diaria della cartella clinica, indicando la dose del farmaco da somministrare, è quello relativo alla tutela del paziente da errori posologici che possano influenzare la salute e l’efficacia della cura.

Laddove successivamente, sulla base di quell’errore, intervenga da parte di medico che opera in un secondo momento, proprio l’errata somministrazione, non può ritenersi ‘non nuovo’ il rischio determinato dalla realizzazione dell’errore primario, che il primo agente era chiamato a evitare”. Secondo la sentenza quindi “non può ritenersi … che la condotta del medico specialista abbia interrotto la serie causale attivata proprio dalla condotta colposa del medico specializzando”.

E per quanto riguarda l’infermiera il discorso è analogo e la sentenza sottolinea che “vanno richiamate le medesime osservazioni”. Secondo la Cassazione “a questo punto, prima di affrontare le ulteriori questioni poste, relative alla sussistenza del reato continuato in concorso relativo e alla commisurazione concreta della pena debbono vagliarsi gli ulteriori motivi essendo stati già esaminati quelli di rito”. La Cassazione fa riferimento alla normativa che regola la professione di infermiere, sottolineando la “pluralità di disposizioni di natura legislativa e regolamentare che ne hanno profondamente mutato la natura disegnando l’autonomia operativa propria tipica della figura professionale”.

“La complessa normativa tratteggia dunque spiega la sentenza – una figura professionale che, per le competenze che le sono affidate, assume una specifica e autonoma posizione di garanzia nei confronti del paziente nella salvaguardia della salute, della cura e dell’assistenza, il cui limite è l’atto medico”.

In questo ambito secondo la Cassazione l’atto di somministrazione del farmaco è concepito, secondo la giurisprudenza di legittimità come atto “non meccanicistico ma collaborativo con il personale medico orientato in termini critici, al fine non di sindacare l’operato del medico bensì per richiamarne l’attenzione su errori percepiti ovvero per condividere gli eventuali dubbi circa la congruità o la pertinenza della terapia stabilita”. Secondo la sentenza “è chiaro tuttavia, che la prescrizione dei farmaci resta al di fuori delle competenze infermieristiche e che il ruolo di garanzia che compete all’infermiere nella ‘sfera’ della terapia farmacologica si limita al ‘confronto’ con il medico cui è demandata la scelta della cura”.

“E’ chiaro – concludono i giudici della Suprema Corte come si legge su Quotidiano Sanità – che l’elemento della disorganizzazione, della confusione dei compiti, della mancanza di un procedimento di controllo dell’opera degli specializzandi e in generale dei medici operanti nel reparto, ma ancor di più l’affidamento di compiti di ‘copiatura’ delle prescrizioni a meri studenti di medicina, ignari del significato delle indicazioni trascritte, l’assenza di controlli successivi destinati a elidere gli eventuali errori e, dunque, in generale la mancanza di una procedimentalizzazione effettiva, coinvolgente tutti gli attori intervenienti nella formulazione, nella comunicazione e nell’approntamento del farmaco da somministrare, sono condizioni incidenti sul grado di rimproverabilità della condotta, che non possono venire tout court ignorate nella determinazione della pena per il reato colposo”.

Quello che viene descritto dalla sentenza come un vero e proprio ‘sfascio organizzativo’, la cui entità portò, dopo l’ispezione, alla chiusura del reparto di oncologia, “deve riversarsi sul giudizio relativo alla sanzione penale irrogata per il reato colposo, essendo detto quadro quello in cui si maturarono la negligenza e l’imperizia dei medici coinvolti, certamente favorite dalla più generale negligenza connotante l’assenza di adeguamento dell’unità operativa agli standard di sicurezza necessari, ragione per la quale si giunse alla temporanea sospensione dell’attività”. Per la Cassazione la sentenza della Corte d’appello “riconosce che un simile stato di cose influenzò la commissione dei reati di falsità ideologica, il cui elemento soggettivo per la sua natura dolosa, prescinde dalle condizioni esterne, che possono al più oggettivamente agevolare la realizzazione del delitto, ma non considera, invece, che proprio la disorganizzazione grava in concreto sull’effettiva realizzazione della condotta colposa incidendo sulla divergenza fra la condotta tenuta e quella attesa”.

dott. Ferdinando Schiavo

 

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3-7 luglio 2019 – Udine, Congresso IFOTES 2019

Pubblicato su 13 Giugno 2019 di Ferdinando Schiavo

DA MERCOLEDI’ 3 LUGLIO 2019 A DOMENICA 7 LUGLIO 2019

CONGRESSO SUL TEMA “USCIRE DALLA SOLITUDINE – COSTRUIRE RELAZIONI”

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento, il dettaglio degli interventi e delle sedi

Pubblicato in Eventi |

E’ insieme ferita e cicatrice. Chi sparisce per demenza sottovalutata o per sfortuna…

Pubblicato su 12 Giugno 2019 di Ferdinando Schiavo

È insieme ferita e cicatrice

Chi sparisce per demenza sottovalutata o per sfortuna…

Claudio Bonivento e Ferdinando Schiavo

Pubblicato su www.perlungavita.it maggio 2019 (link)

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Il 13 marzo 2017 nel quotidiano Il Piccolo di Trieste è comparso questo articolo di Giuseppe Palladini: Trovata morta a 7 mesi dalla scomparsa. Il corpo di Veronica Bencic individuato nei pressi di Re, in Piemonte. Da agosto si era persa ogni traccia dell’ottantatreenne.

Prima di allora, ma anche dopo e persino in questi giorni piovosi di maggio, le persone con problemi di demenza continuano a scomparire. Si perdono a volte in un drammatico istante di giustificabile assenza e disattenzione di chi è preposto alla loro cura e sopravvivenza, altre volte per una possibile e colpevole sottovalutazione da parte di medici sia nella diagnosi che nella esauriente e corretta informazione da fornire a chi sta vicino a queste persone.

A Udine, il 22 settembre 2018, al secondo FAR MIND, LA MENTE LONTANA organizzato da noi di www.demaison.it, abbiamo commentato alcuni pezzi significativi del film di Pupi Avati “Una sconfinata giovinezza” in un viaggio didattico ed emozionale che è partito dagli inizi subdoli e inquietanti della perdita delle parole, con i “come si dice, come si chiama”, e poi, passando per la diagnosi di demenza, ha percorso le dinamiche del nucleo familiare costituito da lui e lei senza figli ed esteso alla famiglia di lei,  ha attraversato la scelta di amore di un accudimento famigliare, seppur problematico per l’aggravamento e la comparsa dei disturbi del comportamento, fino a giungere al suo amaro epilogo, la scomparsa nel bosco del protagonista, una sparizione mediata dal suo passato traumatico di orfano dei genitori in età adolescenziale.

02

Gli SPARITI, forse meglio del termine “scomparsi” che ho usato fino a poco tempo fa, possono allontanarsi per vari motivi tra cui, appunto, la presenza di una demenza non diagnosticata o “non capita” dai medici oppure dagli stessi familiari e dagli amici. Capita spesso in questo territorio della mente, dominato e intralciato da numerosi luoghi comuni e pregiudizi: il primo di questi è costruito su un malefico preconcetto relativo alla terza e quarta età, l’AGEISMO, quel “tanto è vecchio” che tutto giustifica. Anche una mancata diagnosi. Il secondo è favorito dall’idea malsana di “sapere tutto sulle demenze” e che quindi “tutte siano senili”  o, bene che vada, tutte “Alzheimer” e che, comunque, abbiano come sintomi basilari l’abusato deficit di memoria per gli avvenimenti recenti. C’è tanto altro.

E di questo bisognerà discutere attraverso il nostro Progetto SPARITI (v. dopo), costruendo migliore professionalità sanitaria, fornendo informazione e sostegno ai familiari, allargando le conoscenze dei cittadini nei quartieri e nelle città amiche della demenza.

Appena sceso il sipario sulle ultime drammatiche scene del film, il mio amico Claudio ci ha emozionati tutti, costringendoci spontaneamente a rifugiarci nel più partecipe, rigoroso e commosso silenzio. Ci ha raccontato della mamma smarritasi in un bosco nell’agosto del 2016 mentre si trovava a Re in pellegrinaggio. Era andata a cogliere fiori di campo a pochi metri dell’albergo che ospitava lei e le altre persone, tra cui l’amica a cui era stata affidata e che, stremata dal caldo, era andata a riposare. Il suo corpo è stato trovato, appunto, a marzo del 2017. Claudio ci ha consegnato un pezzo della storia di sua mamma e della sua vita non proprio facile. Potete leggerlo tra poche righe.

Non abbiamo registrato filmati di questa straordinaria partecipazione di Claudio al nostro FAR MIND, delle sue private confessioni, del suo e del nostro coinvolgimento: meglio così! Senza che ci fossimo messi d’accordo prima sui contenuti, senza che io ed altri lo interrompessimo, nella piena disponibilità di tempo e di cuore, Claudio ci ha regalato un’onda continua di forti turbamenti raccontandoci la sua amara esperienza. Lo stupore commosso ce lo siamo tenuti dentro, senza uso di orpelli tecnici che questa epoca ipermediatica che tutto fotografa, tutto riprende e posta nel web sembra maleficamente imporci. Lo teniamo per noi, nello spazio della memoria delle emozioni sane.

Da Claudio

Ci sono film, libri, storie raccontate che risuonano nella nostra coscienza come se quell’esperienza l’avessimo vissuta di persona, storie che suscitano emozioni, sollecitano riflessioni, rievocano nella memoria ricordi. Quando poi quel racconto riflette un’esperienza realmente vissuta, il salto nel passato è inevitabile e il ricordo si fa vivo, presente.

Tutto questo è accaduto e mi accade ogni volta che vedo il film di Pupi Avati, “Una sconfinata giovinezza”.  Un film che racconta una storia che ricalca sotto moltissimi aspetti la vicenda della scomparsa di mia madre. Come nel film, anche intorno alla sua storia si rincorrono emozioni contrastanti, come rabbia e tenerezza, sconforto e speranza, ma alla fine di tutto rimane il grande interrogativo su che cosa sia la demenza, come riconoscerla in tempo, come affrontarla. Ogni volta che mi trovo  a raccontare la storia di mia madre,  si rinnova dentro di me un’emozione che riporta a galla il dolore di quell’esperienza. Potrebbe sembrare una contraddizione, ma parlare di lei mi fa sentire vivo, mi dà serenità, perché il dolore che sento è cosa molto diversa dallo stato di sofferenza iniziale.

Perché se è vero che non possiamo evitare il dolore e che il dolore è una parte dell’esperienza della vita, la sofferenza nasce dalla resistenza a quel dolore, dall’incapacità di accettarlo. La sofferenza è la migliore compagna del senso di vuoto che si viene a creare quando una persona importante viene a mancare. E se l’esperienza della scomparsa di mia madre ha un senso, allora mi sento in obbligo di dare un senso, un significato a tutto questo, testimoniando e onorando la sua vita, perché – come disse qualcuno – ogni vita non raccontata è una vita destinata ad essere dimenticata.

Mi è stato chiesto di parlare di lei, e della sua vicenda e lo faccio prima di tutto per rendere onore alla sua persona e in secondo luogo alla sua memoria. Onorarla anche nel senso cristiano del termine, onorare la sua vita interrotta, per celebrare il valore che rappresenta, per farne un culto (dal verbo coltivare che significa cura, dedizione). La sua morte mi ha permesso di capire la sua vita, e in particolare le sofferenze che ha attraversato. E per spiegare la sua storia voglio partire dalla fine.

Mia madre è venuta ufficialmente a mancare nel marzo 2017…. dico ufficialmente perché mamma è scomparsa, sparita 7 mesi prima, a ferragosto. Sono stati 7 mesi interminabili, carichi di angoscia, appesi a qualsiasi notizia che potesse alimentare una speranza.

Mia madre viene da una famiglia di campagna, da un piccolo paese nel cuore dell’Istria. Ha vissuto con i genitori e i suoi sei fratelli sino all’età di sei anni. Erano gli anni della guerra, dopo di che, a causa della povertà, è stata mandata a vivere presso una zia. Mamma si chiamava Veronica ma nella nuova famiglia il suo nome non piaceva; perciò avevano deciso di chiamarla Maria perché il suo nome di battesimo sembrava poco umile, poco popolare; e così è stata chiamata per il resto della sua vita. Questo le ha causato in più di qualche occasione dei disagi – come dire – identitari, non sapendo bene con quale nome definirsi. A 17 anni è andata a servizio presso la famiglia dei miei nonni paterni a Capodistria e a 19 anni ha sposato mio padre, perché nella famiglia servivano braccia forti e a basso costo per il forno che la famiglia allora gestiva. 

Alla mia nascita, tranne nei momenti dell’allattamento, mia madre venne obbligata a cedere la sua funzione di accudimento a mia nonna e alle altre donne della famiglia, che se è vero che mi hanno coperto di un grandissimo affetto, hanno però impedito a mia madre di vivere la sua maternità in senso pieno e completo. Nella sua vita ha dovuto spesso ingoiare torti e umiliazioni, mascherando il dolore e manifestando una gioia coniugale talvolta poco veritiera, solo per rassicurare i famigliari.

È sempre stata devota alla Madonna, anche quando un tumore al cervello le portò via la figlia dell’età di 20 anni. Erano gli anni ‘80 e allora la medicina muoveva i primi passi in un campo così poco conosciuto come il glioma cerebrale infiltrante, un male devastante che portò alla morte di mia sorella dopo un progressivo disfacimento fisico e una progressiva perdita delle funzioni sensoriali dell’organismo. L’accumulo di questo immenso dolore col tempo le ha prodotto stati depressivi, manie, fissazioni nelle quali metteva sotto accusa il mondo intero, di cui lei si sentiva vittima. Col tempo è addirittura maturata il lei l’idea che mio padre avesse abusato di mia sorella, scaricandogli addosso le accuse più infamanti.

Negli ultimi anni poi, i segnali c’erano tutti ma non siamo stati capaci di riconoscerli: perdita della memoria e in particolare difficoltà nel ricordare le informazioni recenti, disturbi del linguaggio, aggressività, perdita di orientamento spaziale e temporale, fino alla progressiva perdita di autonomia; insomma, quello che generalmente viene definito come “demenza”. A mia madre era  stato diagnosticato un deficit cognitivo di cui troppo tardi abbiamo compreso la gravità, e la famiglia si è trovata impreparata ad affrontare la situazione. Nessuno ci ha fatto capire il significato e soprattutto le conseguenze di questa diagnosi.

Fino a quando, prima di partire per il suo ultimo e tanto agognato pellegrinaggio, ha disfatto più volte la valigia… perché dopo averla preparata non si rendeva conto di che cosa andasse a fare con quella valigia.

E così è partita con un gruppo di un’associazione religiosa di volontari verso il Santuario di Re, un paese ai confini con la Svizzera, affiancata da una persona che aveva il compito di assisterla.

Il giorno dopo il suo arrivo, a Ferragosto, dopo il pranzo, si è allontanata dalla casa albergo che la ospitava, una struttura gestita dalle suore. Il gruppo si è accorto della sua scomparsa solo alcune ore dopo, avvertendo le autorità solamente in serata. Inizialmente si è cercato all’interno della struttura; nel giardino, nelle stanze, nelle cucine, dalle cantine alle soffitte. Le ricerche da parte dei soccorsi sono iniziate, quindi, solo il giorno dopo. Guardie forestali, polizia, sommozzatori, elicotteri, cani molecolari fatti venire da Torino. Tutto il paese ha partecipato alle ricerche dimostrando una solidarietà inaspettata e commovente. Ma nei casi di scomparsa, come da protocollo, le ricerche da parte delle forze dell’ordine non possono durare più di 72 ore, dopo di che si interrompono. Vi lascio immaginare come aumenti l’angoscia alla notizia dell’interruzione delle ricerche. Anch’io e la mia famiglia ci siamo messi subito dopo sulle tracce di mia mamma, affiggendo foto e appelli dappertutto nel paese, nelle stazioni ferroviarie vicine, lungo le strade e lungo i sentieri. 

Ho contattato i testimoni che hanno confermato di aver visto una donna un po’ confusa, sudata, con un mazzo di fiori di campo, che chiedeva indicazioni per ritornare alla casa delle suore, distante da lì non più di un centinaio di metri. Il caso è stato poi portato all’attenzione della stampa e della TV. In redazione sono arrivate telefonate che testimoniavano di presunte presenze in un luogo piuttosto che un altro, alimentando così speranze, illusioni e delusioni e infine sensi di colpa che generano sofferenza. Sofferenza causata dal fatto che quell’evento non avrebbe dovuto accadere.

In quei momenti non sai più cosa fare. Ti aggrappi alla speranza, aspetti il miracolo che non arriva, ti logori per le parole dette e non dette, per le cose fatte e non fatte e hai bisogno di sentirti perdonare. Ma non c’è nessuno che lo fa. E allora, per me, la sola consolazione è stata quella di scriverle, di confessarmi con lei.

Se ho ancora qualche minuto ve la vorrei leggere.

Vorrei potere fissare nella memoria la prima immagine che ho di te. Vorrei potermi vedere bambino, il bambino che tenevi fra le braccia, ma anche questa volta l’immagine mi sfugge. Altre figure si pongono fra noi, mi portano via da te e ti nascondono. È incredibile quanto le esperienze e i ricordi dell’infanzia segnino le nostre vite. Quando si diventa adulti la visione delle cose cambia. La distanza dei ricordi mitiga le emozioni e qualche volta anche i sentimenti. Quando da bambino cadevo e correvo da te piangendo con le ginocchia sbucciate e sanguinanti, mi sentivo irriso mentre dicevi che le gambe non vanno in paradiso. Io, in quei momenti, avvilito, avvertivo la sensazione di essere poco importante per te e ne soffrivo. 

Ora però, dopo tanto tempo, so che non era così, e lo sconforto di allora si è trasformato in compassione. Perché la vita è stata avara con te. Ciò nonostante mi hai dato tutto quello che sapevi dare, anche se in certi momenti non sempre era quello che desideravo. Ma ora è bello ricordarti come ti hanno descritta quando sono venuto a cercarti: sudata, bagnata come un pulcino, con un mazzo di fiori di campo fra le braccia. Voglio sperare che nel luogo in cui ora ti trovi, tu possa sentirti bene. Perché ti confesso che, preso dai sensi di colpa, avevo pensato di portarti in un luogo protetto, dove avresti trovato persone come te, con gli stessi tuoi disagi, gli stessi tuoi problemi, ma ora so che l’avresti vissuta come una punizione, sarebbe stato come rinchiuderti in una prigione per anziani. Forse mi avresti rinfacciato una scelta che tu non avresti mai voluto, né per te, né per nessun altro. 

Invece ti sei presa la libertà che ti è stata negata e te ne sei andata, da protagonista. La destinazione la conosci solo tu. Io posso solo lasciarti una candelina accesa, così che tu possa trovare la strada del ritorno, se mai, un giorno, vorrai tornare a casa. È questa la preghiera che faccio tutte le sere. Non è più la preghiera dei primi giorni della tua scomparsa, quando desideravo riaverti a tutti i costi, quando per aiutarti pensavo di affidarti ad una struttura protetta, anche a costo di farti pagare un prezzo per te troppo alto, e che avrebbe significato privarti della libertà, se non addirittura della dignità. Ma se nel buio della notte vedi la luce di una candelina accesa e desideri tornare a casa, sappi che questa è la strada. 

Ti scrivo, anche se non so dove sei, in quale parte del mondo ti trovi e temo che questa lettera resti ancora senza una risposta. Ma non vorrei finire mai di scriverla, perché sarebbe la fine della speranza che ancora mi sostiene. Trovo conforto nelle parole che ti scrivo, dedicandoti qualche minuto delle mie giornate vuote, in cerca di te, appeso ad un ricordo carico di nostalgia e rimorso, per quello che avrei potuto fare e non ho fatto.

I pochi, pochissimi resti di mia madre sono stati ritrovati nel corso di un pattugliamento della guardia forestale sette mesi più tardi, nei pressi di una radura, in un bosco non molto distante dal paese in cui si trovava prima della sua scomparsa. 

Mia madre si è sempre sentita legata alla terra, alle piante, al ciclo delle stagioni. Solo così spiego il suo desiderio di addentrarsi nel bosco fino a perdersi. Mi conforta il fatto che la sua vita sia stata restituita alla natura e che la sua morte abbia consentito la vita ad altre creature. Questo mi da pace. Mi da pace pensare che lei si sia donata per continuare a vivere, e non solo nel mio ricordo.

 

Proposta di Progetto sociale educativo

Demenze. Quelli che spariscono

 Deve restare il buio oltre la siepe?

Quante persone anziane (e qualcuna no) si perdono in Italia a causa di una demenza nota o non sospettata e di conseguenza non diagnosticata, mancata diagnosi gravata dalla pesante zavorra di pregiudizi e luoghi comuni presenti in questo ambito nella comunità dei cittadini e persino in ambito socio-sanitario?

E’ di Marco Trabucchi ed è apparso su www.leonardo.it nel febbraio 2016:… anche se sta aumentando significativamente il livello di conoscenze sulle demenze da parte dei medici e degli altri operatori sanitari, restano ancora sacche di impreparazione, di scarso interesse, di ridotto impegno.

La “sparizione” di una persona con demenza può avvenire in vari modi e in presenza di numerosi contesti.

I protagonisti sono coloro che si allontanano da casa o da altri posti dove temporaneamente alloggiano e che spariscono a causa di alterazioni cognitive, in genere si tratta di demenze, che:

  • non sono state comprese dai familiari e dai medici o da quest’ultimi non sono state diagnosticate tempestivamente
  • sono state diagnosticate in maniera inadeguata
  • sono state diagnosticate da medici che hanno fornito una carente informazione ai familiari
  • le informazioni non sono state comprese o sono state sottovalutate dai familiari

Sono protagonisti del Progetto anche coloro che spariscono per una mera sfortunata serie di circostanze

  • quelli che avranno una diagnosi di demenza dopo il ritrovamento in vita
  • quelli che verranno trovati in tempo
  • infine… quelli che non verranno trovati mai

E’ una proposta e nello stesso tempo una sfida: compiere insieme un percorso per conoscere meglio i territori delle demenze, i pregiudizi, le false verità e le storture che gravano su malattie in piena espansione e tuttavia ampiamente sottovalutate, malattie che vedono sempre più persone, nel ruolo di malati o di familiari, protagoniste senza difesa di malpratica sociale e medica, a volte semplicemente attraverso il “razzismo dell’età”, ovvero l’ageismo, quel ”tanto è vecchio” che priva chi è vulnerabile e i suoi cari di una diagnosi e di ricevere una “cura”, anche se non farmacologica. Questo comportamento è favorito dall’idea pervasiva presente tra la gente comune, tra i familiari e spesso anche tra i professionisti socio-sanitari e persino tra i medici, di “sapere tutto sulle demenze”: nulla di più errato nel pensare che TUTTE siano “senili” oppure, bene che vada, TUTTE “Alzheimer” e che comunque TUTTE abbiano come sintomi basilari l’arcinoto problema di memoria per avvenimenti recenti.

La struttura clinica delle demenze è caratterizzata da una grande variabilità nell’esordio e nell’evoluzione, per cui bisogna superare quella distorta visione unitaria che vede(va) in passato la demenza di Alzheimer destinata a riassumere tutto lo scenario delle altre demenze.  La stessa demenza di Alzheimer, responsabile almeno del 60% dei casi totali di demenze, può debuttare peraltro anche con disturbi cognitivi “diversi” da quelli classici a carico della memoria: esordio con apatia e\o depressione, esordio “visuo-percettivo” come nell’Atrofia Corticale Posteriore  (PCA), in cui l’occhio è in grado di “vedere” ma le sue informazioni spaziali significative non sono adeguatamente comprese ed elaborate da quella parte del cervello posteriore che è rappresentata principalmente dai lobi parietali ed occipitali; esordio psico-comportamentale (apatia, depressione, alterazioni complesse della personalità); esordio con deficit “frontali” di critica, di programmazione-pianificazione-organizzazione delle attività, di attenzione; esordio con problemi del linguaggio (danno prevalente temporale sinistro); esordio dopo un episodio di delirium… 

Ma sono soprattutto le forme di demenza diverse da quella di Alzheimer, l’altro 40% circa, quelle che prevedono un inizio “diverso rispetto alla solita perdita di memoria”:

  • marcata apatia, depressione, alterazioni di pianificazione delle strategie, nei diversi tipi di demenza vascolare;
  • disturbi comportamentali severi e/o del linguaggio, nelle demenze fronto-temporali;
  • problemi “organizzativi” e di percezione dello spazio, allucinazioni visive complesse, idee psicotiche, parkinsonismo, estrema fluttuabilità dei sintomi, a volte “svenimenti” (sincopi) per riduzione della pressione arteriosa al passaggio dalla posizione supina a quella eretta (da coricato in piedi), saltuariamente sonnolenza estrema fino alla perdita della vigilanza, oppure confusione mentale: questo può accadere nella demenza più complessa, quella a corpi di Lewy (LBD). Un quadro di demenza simile alla LBD può essere rappresentato dalla malattia di Parkinson (MP) che evolve in demenza (MP-D) in quanto ambedue le malattie dipendono dal danno neuronale creato prevalentemente dall’alfa-sinucleina cerebrale alterata. Inoltre, tanto per tornare a discutere di esordi o meglio di sintomi e segni pre-clinici, sia la LBD che la stessa malattia di Parkinson possono essere precedute  (anche di un decennio o più!) da episodi notturni caratterizzati, nella fase in cui dovremmo avere i muscoli completamente rilassati mentre sogniamo (fase REM), da azioni motorie complesse, spesso violente verso chi dorme accanto: si chiamano (RBD, REM Behavior Disorder). Altri sintomi precoci: perdita dell’odorato, nuovamente depressione e\o apatia, e persino stitichezza (leggere tre miei articoli su www.ferdinandoschiavo.it, su www.perlungavita.it e altri siti: Storie di corpi… di Lewy. Un angelo alla mia tavola… anzi due; Sincopi e nuvole, e soprattutto Storie di corpi… di Lewy. Robin Williams, malato a sua insaputa)

A proposito dell’affermazione precedente su “l’occhio vede ma è il cervello che comprende lo spazio”: Michele Farina, affermato giornalista del Corriere della sera, scrive raccontando la dolorosa vicenda di sua mamma “… faccio difficoltà a vedere e a stirare” nel suo libro Quando andiamo a casa? quasi all’inizio di questo personale, realistico, commovente e singolare viaggio nei territori della demenza. In questo caso, è anche un testo didattico! Questa carenza di conoscenza si espande anche alla mancata esecuzione dei test cognitivi idonei e persino alla loro corretta interpretazione, incidendo certamente sulla tempestività e la correttezza della diagnosi e, di conseguenza, sul “prendersi cura” della persona con demenza e della sua famiglia, sulle tutele amministrative e legali.

Gli Obiettivi del Progetto sono:

  • studiare la portata del fenomeno attraverso l’esame clinico dei casi già accaduti in cui è noto o sospettabile un quadro preesistente di demenza costituendo un gruppo regionale di esperti appassionati da questo aspetto emergente nella nostra imperfetta sanità e in questa distratta società
  • valutare i casi futuri in un’ottica diversa da quella attuale
  • formare le comunità di cittadini anche attraverso forme già collaudate quali Quartieri Amici e persino Città Amiche della demenza
  • formare le Forze dell’ordine
  • formare la classe medica e i numerosi, essenziali, professionisti non-medici.

Nel corso dell’incontro formativo saranno proiettati il finale del film di Pupi Avati “Una sconfinata giovinezza” a cui seguirà il commento di Claudio.

Claudio Bonivento e Ferdinando Schiavo

Referente provvisorio: Dr. Ferdinando Schiavo, neurologo dei vecchi, autore di Malati per forza.

www.ferdinandoschiavo.it

Email: schiavo.libero@libero.it

Pagina Facebook: dott. Ferdinando Schiavo

 

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18 giugno 2019 – Ragusa, Incontro sul tema della fragilità degli anziani e degli eventi avversi da farmaci

Pubblicato su 12 Giugno 2019 di Ferdinando Schiavo

MARTEDI’ 18 GIUGNO 2019 ALLE ORE 17.00

Incontro con il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

“MALATI PER FORZA”

Presso il Centro Polifunzionale Interculturale in via Colajanni 69 – Ragusa

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento.

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14 giugno 2019 – Empoli, Convegno “Etica, cura e cultura: l’impatto della cultura nel lavoro di cura con le persone”

Pubblicato su 12 Giugno 2019 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 14 GIUGNO 2019 DALLE ORE 08.30 ALLE ORE 13.30

CONVEGNO SUL TEMA

“ETICA, CURA E CULTURA: L’IMPATTO DELLA CULTURA NEL LAVORO DI CURA CON LE PERSONE”

Presso Cenacolo degli Agostiniani in via dei Neri – Empoli (FI)

Interverrà, tra gli altri, il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Ingresso libero

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

Clicca qui per scaricare la scheda di iscrizione

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8 giugno 2019 – Lendinara, Spettacolo formativo al Focus Forum 2019

Pubblicato su 19 Aprile 2019 di Ferdinando Schiavo

L’8 GIUGNO 2019 ALLE ORE 09.00

SPETTACOLO FORMATIVO AL FOCUS FORUM 2019

A LENDINARA, PRESSO LA SALA “SILVESTRO CAMERINI” IN VIA DEL SANTUARIO, 31

Segreteria Organizzativa: 0425.641015 – info@casalendinara.it

Interverrà tra gli altri il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

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11 maggio 2019 – Bra, Incontro-dibattito “Per una società che previene”

Pubblicato su 19 Aprile 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 11 MAGGIO 2019 ALLE ORE 15,30

PRESSO LA RESIDENZA MARIO FRANCONE

in via Umberto I, 29 a Bra

INCONTRO-DIBATTITO SULL’INVECCHIAMENTO, LE FRAGILITÀ E LE DEMENZE

DAL TITOLO “PER UNA SOCIETÀ CHE PREVIENE”

Nello scenario attuale dominato dall’invecchiamento della popolazione mondiale (e italiana, in particolare), le malattie neurodegenerative stanno assumendo tra le patologie emergenti una forte rilevanza sanitaria, sociale, assistenziale. Una prevenzione è possibile nel territorio della fragilità, tra demenze e parkinsonismi? A questo ed altri quesiti i relatori daranno al pubblico possibili risposte e suggerimenti per un invecchiamento sereno.

Ingresso libero e gratuito fino ad esaurimento dei posti disponibili

È gradita la prenotazione telefonando al 0172.426335

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10 maggio 2019 – Chieri, “De-Formazione” contro i pregiudizi per capire la malattia di Alzheimer e le altre demenze

Pubblicato su 10 Aprile 2019 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 10 MAGGIO 2019 DALLE ORE 20.45 ALLE ORE 23.00

presso la Sala della Conceria, in via della Conceria, 2 a Chieri

INCONTRO SUL TEMA “DE-FORMAZIONE” CONTRO I PREGIUDIZI PER CAPIRE LA MALATTIA DI ALZHEIMER E LE ALTRE DEMENZE”

con il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

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10 maggio 2019 – Borgomanero, Alzheimer oggi… la punta dell’iceberg

Pubblicato su 10 Aprile 2019 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 10 MAGGIO 2019 DALLE ORE 09.00 CONVEGNO SUL TEMA

ALZHEIMER OGGI… LA PUNTA DELL’ICEBERG

Presso la Sala Conferenze A. De Giuliani c/o RSA Fondazione “Opera Pia Curti” ONLUS

Via Monsignor Cavigioli, 20 – Borgomanero (NO)

ISCRIZIONE GRATUITA MA OBBLIGATORIA DA EFFETTUARSI ONLINE ENTRO IL 25/04/2019

ACCREDITATO ECM

Interverrà tra gli altri il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

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9 maggio 2019 – Torino, Seminario sul tema “Alzheimer: è possibile prevenire il naufragio della mente?”

Pubblicato su 3 Aprile 2019 di Ferdinando Schiavo

GIOVEDI’ 9 MAGGIO 2019 DALLE ORE 08.30 ALLE 16.30

PRESSO LA RSA “IL TRIFOGLIO” IN VIA ANDORNO 17 A TORINO

Seminario sul tema

ALZHEIMER: È POSSIBILE PREVENIRE IL NAUFRAGIO DELLA MENTE?

Interverrà, tra gli altri, il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

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8 maggio 2019 – Torre Pellice, Spettacolo formativo: Ferdinando Schiavo, “Malati per forza”

Pubblicato su 3 Aprile 2019 di Ferdinando Schiavo

MERCOLEDI’ 8 MAGGIO 2019 ALLE ORE 21.00

L’ASSOCIAZIONE DI PROMOZIONE SOCIALE “LA BOTTEGA DEL POSSIBILE”

in Viale Trento 9 a Torre Pellice (TO)

PRESENTA

dott. Ferdinando Schiavo “Cinema e demenza”

Visione del cortometraggio di Marco Toscani “Ti ho incontrata domani” e rappresentazione teatrale di Chiara Turrini

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17 aprile 2019 – Cervignano del Friuli, Il disturbo comportamentale nell’anziano e il modello farmacologico

Pubblicato su 3 Aprile 2019 di Ferdinando Schiavo

MERCOLEDI’ 17 APRILE 2019 DALLE ORE 14.00 ALLE ORE 20.00

SEMINARIO INFORMATIVO SUL TEMA

“IL DISTURBO COMPORTAMENTALE NELL’ANZIANO E IL MODELLO FARMACOLOGICO”

Limiti, paradossi, complessità, contraddizioni, compromessi e delusioni

c/o la Casa della Musica

Largo Maestro Galliano Bradaschia a Cervignano del Friuli

Info e contatti Karin Faggionato – 0431.388530

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

Clicca qui per leggere il programma dell’evento

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10 aprile 2019 – Dolo, Nei territori delle demenze, tra falsi miti ed errori, oltre i luoghi comuni

Pubblicato su 3 Aprile 2019 di Ferdinando Schiavo

MERCOLEDI’ 10 APRILE 2019 DALLE ORE 17.00 ALLE ORE 19.00

PRESSO LA SALA PARROCCHIALE E NOI ASSOCIAZIONE SAN GIOVANNI BOSCO

IN VIA CHIESA NR. 7/A AD ARINO DI DOLO

Conferenza sul tema: “Nei territori delle demenze, tra falsi miti ed errori, oltre i luoghi comuni”

Ingresso libero e gratuito – seguirà buffet

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

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6 aprile 2019 – Piacenza, Parliamo di Alzheimer

Pubblicato su 3 Aprile 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 6 APRILE 2019 ALLE ORE 17.00

EVENTO ARTISTICO FORMATIVO – “PARLIAMO DI ALZHEIMER”

Spazio Rotative Editoriale Libertà

Via Benedettine, 68 – Piacenza

Interverrà tra gli altri il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Piacenza 06.04.2019

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La complessità è spesso la regola quando si parla di anziani

Pubblicato su 1 Marzo 2019 di Ferdinando Schiavo

01Anche la salute non sembra evitare il disimpegno del presente momento storico internazionale, Italia compresa: si sfugge alla cultura e a ciò che è complicato preferendo soluzioni semplicistiche e semplificatorie o praticando in silenzio l’omissione. Ma il mondo della medicina e della chirurgia non può né deve sfuggire al compito primario, al prendersi cura delle Persone con aspetti complessi della loro salute, gli anziani in particolare.

Da qualche anno faccio incetta delle esperienze interessanti di altri e sto riflettendo amaramente sulle mie personali. Nei mesi scorsi sono accaduti dei fatti.

Ora provo a riordinare le idee e raccontarveli, tentando di giungere a una conclusione utile a tutti.

In gennaio ho patito le pene dell’influenza, a due tempi e con una coda di stanchezza, tosse, abulia che mi ha impedito di lavorare per almeno 20 giorni.

Cosa è successo? Tre anziane sui cinque nuovi pazienti che attendevano una mia visita domiciliare sono state ricoverate nell’attesa della mia valutazione e tutte per motivi sostanzialmente poco attinenti alla mia consulenza (anche se ho una visione globale di ogni caso clinico): si trattava di scompenso cardiaco, febbre, sincope.

Il ricovero in attesa della mia visita domiciliare, o addirittura la morte, non sono un fenomeno nuovo, era accaduto anche in passato… ma non con il rapporto di 3 su 5.

Mi sono chiesto: e se avessi effettuato la visita, cosa sarebbe cambiato visto che, attraverso le informazioni telefoniche che ho voluto chiedere ai familiari, le complicazioni erano “internistiche” e non strettamente neurologiche? E se avessi cambiato qualcosa della preesistente terapia e il giorno dopo quell’anziana fosse svenuta (anche se non a causa del mio cambiamento farmacologico)? Cosa avrebbero pensato i familiari? Come mi sarei sentito io?

Questi pensieri non mi inducono certamente a demordere nell’occuparmi di casi clinici (e umani) complessi.

Nel contempo in questi mesi ho ricevuto dei messaggi e telefonate che cominciavano pressappoco così: “Buongiorno dottore, visto che lei è contro i farmaci…”

“Non sono CONTRO i farmaci – ho risposto in copia-incolla – ma contro l’uso inappropriato dei farmaci. Qualsiasi imbecille – si, divento pesantemente sarcastico – può enunciare idee e schierarsi tutto da una parte o dall’altra, ma spetta al severo professionista sapere, studiare, sperimentare, decidere quanto, per quanto tempo, a chi, come dare un farmaco.  Costui è costretto a conoscere, e questo è solo un piccolo esempio, le centinaia di farmaci che hanno un’azione anticolinergica, ovvero contro un neurotrasmettitore essenziale, tra l’altro, per i processi di memoria, sostanze che possono scatenare persino uno stato confusionale (Delirium) anche grave in un anziano fragile. E ben altro ancora.

La competenza, oggi, sta diventando quasi un demerito…

Nel frattempo sono accadute altre cose. Le elenco:

  1. Gli errori in campo medico, gli avvocati e i media

Dicembre 2018. Polemiche per lo spot TV di Enrica Bonaccorti sulle vittime di malasanità.

E’ la seconda volta che accade. In quella passata, un ricordo di pochi anni fa, ci furono dei titoloni contro gli avvocati definiti avvoltoi.

Lo spot recente è stato sospeso da RAI e Mediaset ma si può ancora vedere, credo su La7.

Riflettendo amaramente su alcune mie disastrose esperienze sul campo – vedi anche il “Progetto La strage delle innocenti” su www.ferdinandoschiavo.it – mi sono chiesto: ma non poteva essere questa una buona occasione per parlare, in maniera costruttiva e senza il velo dell’ipocrisia, della realtà degli errori medici – in ospedale, in RSA e a casa! – invece di assistere all’ennesimo spettacolo degli ordini dei medici, e non solo, scatenati contro spot simili, pur se discutibili?
Nel mondo degli anziani non posso che confermare con la mia esperienza sul campo quanto dice la bibbia dei geriatri, ovvero i Criteri di Beers ma anche le ricerche di altre valide istituzioni, tra cui Cittadinanza Attiva, il Mario Negri, l’Associazione Italiana di Psicogeriatria: è ancora alto il numero delle prescrizioni farmacologiche inappropriate e non tutti i medici hanno compreso la complessità della fragilità dell’anziano, che é un essere ben diverso da un cinquantenne.

Nel corso di questa seconda battaglia mediatica scatenata dalla pubblicità non ho voluto firmare un documento inviato da Consulcesi (Stop all’odio verso i medici. Contro chi promette facili risarcimenti chiediamo un Tribunale della Salute. Firma la petizione http://chng.it/N8xyF5VwG5) almeno fino a quando non si parlerà senza ipocrisia della “banalità del male” ovvero delle le malattie da errore dettato da negligenza o imperizia o imprudenza di tipo “medico”, e non solo di quelle in area chirurgica (le sole che invece fanno notizia, nel bene e nel male!), perché esistono, persistono e probabilmente sono in aumento in particolare a carico dei soggetti più vulnerabili, le anziane, in progressivo aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione e per altre ragioni: il miglior tasso di sopravvivenza delle donne espone queste ultime, rispetto agli uomini:

  • ad un livello di fragilità più esteso e severo negli ultimi decenni di vita in parte a causa dei cinque “anni guadagnati”
  • ad un più elevato consumo di farmaci …
  • a cui rispondono in maniera differente
  • … e soffrendo peraltro in maggior misura di eventi avversi legati proprio al loro uso.
  1. La complessità chirurgica. Cesare Faldini è il giovane e brillante direttore della Clinica Ortopedica 1 al Rizzoli di Bologna ed ha scritto un chiaro, onesto, condivisibile e stimolante articolo sul Corriere Salute del 10 febbraio 2019 dal titolo “Il prezzo delle cause pagato dai pazienti”.

Entrare in sala operatoria è il mio lavoro, e me lo sono scelto. Mi sono anche scelto il tipo di chirurgia: le grandi deformità ortopediche ed i casi ad alta complessità, rinunciando alla tranquillità degli interventi routinari… significa studiare ogni singolo paziente senza potersi affidare alla casistica di migliaia di casi simili… spesso la grande complessità è rara, quindi la soluzione va scelta affidandosi all’esperienza e al buon senso. Creare diffidenza nei confronti del medico non fa che danneggiare il paziente, perché innesca un pericoloso circolo vizioso dove gli interventi a rischio verranno sempre più scansati dai medici… Chi spiegherà al malato che una complicanza che incide normalmente nel 5 per cento dei casi operati, come avviene nelle gravi scoliosi… non è un errore medico ma un’evenienza inevitabile? A paziente che firma il consenso sembra un rischio basso, ma nel nostro reparto 5 per cento significa 100 pazienti su duemila in un anno di lavoro… L’insuccesso in chirurgia fa parte del gioco… Complicanza ed errore sono due evenienze ben diverse… Promuovere azioni legali contro gli insuccessi della chirurgia non farà altro che aumentare la paura e l’astensionismo da parte dei medici, e i pazienti ci rimetteranno…

  1. A proposito di denunce. Sono 300 mila in Italia le cause contro medici e strutture sanitarie private e pubbliche. Trentacinque mila nuove azioni legali ogni anno. Ma secondo i dati più aggiornati (Tribunale del malato (2015) e Commissione Parlamentare d’ inchiesta sugli errori sanitari, del 2013) il 95% dei procedimenti per lesioni personali colpose si conclude con un proscioglimento. I numeri sono stati esposti  al ministero della Salute da Consulcesi, network legale in ambito sanitario. Le aree maggiormente a rischio contenzioso sono quella chirurgica (45,1% dei casi), materno-infantile (13,8%) e medica (12,1%).

Una apparente banalità manichea: esistono errori in campo strettamente medico ed altri in area chirurgica. Certi successi in sala operatoria, “fanno scena”, sono mediatici, solleticano l’aria di sensazionalismo che oggi (più che in passato) piace tanto. Gli errori chirurgici, tuttavia, hanno più spesso code legali, mentre quelli più sotterranei, a livello “medico” no.

Rimangono inascoltati, coperti dal nulla. E quando tutto va bene a livello “medico” la gioia resta murata tra i volti contenti e a volte stupiti dei familiari. Il pudore – per fortuna ancora resiste in questa epoca sguaiata – ne isola i contorni, lo rende finalmente privato, come deve essere.

  1. La complessità “medica”. Nasce il medico della complessità: un paziente su tre ha più malattie. Da DottNet. “Le malattie croniche rappresentano il 60% di tutte le patologie e la loro prevalenza aumenta con l’età. Dal diabete all’asma, dallo scompenso cardiaco all’Alzheimer (e le altre demenze?), in Italia un paziente su 3 ha più di una malattia cronica, e si arriva fino a due su tre se si considera la popolazione più anziana. Gestire queste condizioni è tra le principali sfide della sanità e per farlo è stata creata una figura professionale ad hoc, il “medico della complessità”. Questi i temi al centro dell’incontro “Il paziente complesso, un nuovo protagonista sullo scenario della salute”, che si è svolto a Roma, con il supporto incondizionato di Alfasigma. Le malattie croniche rappresentano il 60% di tutte le patologie e la loro prevalenza aumenta con l’età. Spesso però tendono a convivere tra loro. Al punto che il 10% della popolazione sopra i 65 anni ha almeno tre condizioni croniche, che richiedono più farmaci, più medici e maggiori costi. “Quando individuiamo una persona sofferente si tende a etichettarla con la sua malattia principale. Ma in realtà, soprattutto negli anziani, se ne hanno 4, 5 o anche 6. E vanno curate tutte”.

Finalmente ci si è accorti della complessità in area medica!

  1. Demenze maltrattate sotto il profilo farmacologico. Ha avuto una certa rilevanza mediatica in questi giorni. Meglio parlarne, certo… ma mi sembra la scoperta dell’acqua calda, come avviene spesso in questo e in altri campi della medicina.

Ad ogni modo è confortante sapere che finalmente sempre più colleghi cominciano a interessarsi del serio problema della “malattie da farmaci”. Da incoraggiare.

Da DottNet. I malati di demenza sono curati in modo frammentato, in assenza di una pianificazione condivisa con operatori e familiari. Il che si traduce in ripetute ospedalizzazioni, utilizzo di farmaci inappropriati, indagini diagnostiche e trattamenti invasivi. Condizioni che non prolungano la sopravvivenza, mentre contribuiscono ad aumentare stress e sofferenza”. Lo spiega la geriatra Claudia Cantini, in forze all’ ospedale di Pistoia, che aggiunge come anche secondo vari lavori scientifici internazionali almeno 4 pazienti su 10 sono sedati di continuo o trattati con farmaci di dubbia utilità, se non dannosi. Cantini affida le sue esperienze a una relazione che presenterà al Congresso nazionale sui Centri diurni Alzheimer, decimo della serie, organizzato a Montecatini Terme (1-2 marzo) dall’ Unità di Medicina dell’ invecchiamento dell’ università di Firenze.

Siamo vicini alla Giornata Mondiale contro il Delirium e desidero concludere la mia riflessione con uno dei tanti casi in cui non capisci se un paziente “è così per evoluzione biologica, naturale, di quella malattia… oppure c’entrano altre condizioni magari reversibili o i farmaci?”

E’ una domanda che tutti dovrebbero porsi quando accolgono una Persona nuova in struttura, in ospedale, o la visitano a casa, in ambulatorio.

Il caso della “mummificata” descritto sul mio Malati per forza, Caso 29, è un tragitto di sofferenza durato 5 anni ma coronato dal ritorno ad una vita normale, ad una “guarigione”, a soli 56 anni. E’ il più bello della mia vita, ma non è l’unico per fortuna.

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Un caso recentissimo, esemplificativo, tanto per non andare lontano. Sono entrato in Residenza accompagnato dai familiari di un signore di 82 anni, ospite da mesi confuso, agitato, aggressivo, oppositivo, oramai immobilizzato tra letto (odiato) e poltrona.

Aveva avuto qualche ricovero recente per fatti febbrili polmonari e cardiaci, ma non rilevanti.

La storia clinica appariva persa, smarrita, insignificante per gli altri. Sembrava che quel giorno tutti, familiari compresi e personale sanitario della struttura, avessero un’unica priorità: sedarlo, soprattutto la notte, un desiderio comprensibile che, però, non li giustificava.

E la storia clinica?

Con qualche (mia) fatica e insistenza (l’amato e sgualcito tenente Colombo che è in me!) e non supportato da documenti clinici, sono venuto a sapere che 4 anni prima era entrato in ospedale cognitivamente e fisicamente a posto per sottoporsi ad un intervento chirurgico minore che però aveva avuto qualche complicazione, per cui era stata necessaria una prolungata anestesia. Da quel momento la vita dell’uomo era radicalmente cambiata: il suo Delirium post-operatorio aveva giustificato l’uso di antipsicotici di vario tipo, si era abbastanza velocemente e di conseguenza “parkinsonizzato”. Lentezza dei movimenti nella deambulazione, passi piccoli e frequenti, incertezza nel mantenimento dell’equilibrio, qualche caduta.

Un neurologo, suppongo, aveva consigliato farmaci dopaminergici, ovvero attivi nell’incentivare la dopamina cerebrale (ad es. Sinemet, Madopar, Sirio, Jumex, ecc.) ma terribili – in questo caso – nell’incrementare anche le allucinazioni preesistenti e connesse al Delirium. Ovviamente, per curare allucinazioni e agitazione fu aumentata la dose di antipsicotici, la Quetiapina in questo caso, la più amata dagli italiani.

Da allora assumeva ambedue, il diavolo (il Sinemet) e l’acqua santa (la Quetiapina).

Tuttavia, alla mia specifica domanda di quel giorno, i familiari avevano risposto che né il Sinemet aveva procurato miglioramenti motori né la Quetiapina a dosi abbastanza alte per età e peso quelli comportamentali.

Ma avevano continuato così; anzi, erano stati aggiunti altri psicofarmaci!

In questi casi ho imparato a rispondere alla domanda cruciale dei familiari (“Che ne dice? potrà migliorare?”) rivolgendo io a loro una domanda secca: “Ma come avete fatto ad arrivare a 4 psicofarmaci senza provare con uno alla volta, vedere se “funziona” e magari ridurlo e poi sospenderlo se non tollerato o inefficace a vantaggio di un altro da provare? Perché avete mantenuto in terapia un farmaco che non aveva promosso miglioramenti, anzi aveva ancora di più confuso, parkinsonizzato e reso acatisico il povero anziano e, per di più, ne avete aggiunti altri tre?”

(Per l’acatisia, temibile, inesplorata, sottovalutata, sconosciuta complicazione dell’uso di vari farmaci rimando ad un mio articolo su questo sito).

E ancora: chi ha dato questa benzina inadatta, la L-DOPA contenuta nel Sinemet, in presenza di un parkinsonismo prevalentemente da farmaci e di aspetti motori atipici? Si chiama parkinsonismo degli arti inferiori, Lower Parkinsonism, ed ha caratteristiche diverse dalla vera malattia di Parkinson, la sola “autorizzata” a rispondere con ottimi miglioramenti motori, almeno nelle fasi iniziali della terapia, a quel carburante, a quel neurotrasmettitore cerebrale che arriva dalla L-DOPA!

Chi ha continuato ad aumentare il dosaggio della più amata dagli italiani (la Quetiapina) malgrado sin dalle dosi iniziali il paziente non avesse risposto? Anzi…

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Che fatica per noi clinici pignoli!

In conclusione, è un Delirium “autoalimentato” dai farmaci che dura da quattro anni sovrapposto a demenza?

In queste settimane mi aspetta un lavoro da certosino e non certo da rivoluzionario (togliamo tutto!).

Il caso descritto fa parte di un’esperienza sempre più frequente, tornerò a raccontandovene altri se non vi sconvolge la complessità.

Credo che il mio Malati per forza sia tra i pochi o forse l’unico libro che stigmatizzi l’uso improprio dei farmaci dopaminergici nei casi di parkinsonismo. Mi tocca aprirlo spesso a pagina 129 (Quando la MP diventa “altro”: le perplessità nella terapia farmacologica) e mostrarlo a familiari stravolti da queste nuove informazioni, increduli di tanta sofferenza, circoli viziosi e peggioramenti in fondo ingiustificati. E mi spetta certamente il compito di dare una risposta – ci deve essere umanità, voglia e tempo a disposizione da dedicare – alla loro classica domanda: ”ma non c’è niente da fare per farlo camminare?”. No, non c’è niente, se le esperienze precedenti sono state negative e persino peggiorative.

Quelli che rispondono bene alla L-DOPA:  a volte basta un breve periodo test con uno di questi dopaminergici. Si può osservare persino dopo la prima compressa se il paziente migliora a livello motorio. Sono i “veri” parkinsoniani, almeno fino alla prova contraria di una diversa evoluzione.

Bisogna spiegarlo con semplicità e tenacia ai familiari di coloro non rispondono.

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A questo punto mi sono chiesto: ma i formatori, ovvero, i medici, sanno, ad esempio, che qualche compressa di Buscopan in pochi giorni, unitamente ai farmaci che già un’anziana assume, può accrescere il suo “carico anticolinergico” e quindi scatenare un Delirium dall’esito terrificante, anche mortale? Conoscono il Delirium e il “carico anticolinergico” delle centinaia di farmaci, di cui tanti di uso frequente, che hanno questa azione più o meno potente su un neurotrasmettitore così fondamentale?

Sanno, i formatori, che 3 Plasil al giorno per qualche settimana sono in grado di rendere un’anziana impassibile e lenta nei movimenti (insomma, parkinsonizzata!) a causa del carico antidopaminergico di questo e di numerosi altri farmaci che agiscono su un altro neurotrasmettitore, la dopamina?

Sono piccoli esempi della mia e vostra inquietudine, espressione di una realtà, quella degli anziani e soprattutto delle anziane, estremamente complessa in un mondo che non ama la complessità ma le scorciatoie.

Riflessioni spicciole. Tra gli specialisti, gli oculisti chiedono ai loro pazienti se assumono farmaci anticolinergici visto che possono innalzare la pressione oculare (vedi glaucoma)? E lo fanno gli urologi, in considerazione del fatto che alcuni farmaci possono incidere sulle funzioni sfinteriche?

Infine, i medici formatori, sicuramente strutturati in ambito ospedaliero o universitario posseggono esperienza e una “visione extra ospedaliera” della complessità?

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E sì, perché il mondo là fuori è diverso: lo so da ex ospedaliero, da ex specialista di un distretto, da ex medico condotto, da ex volontario in ospedale e infine da libero professionista, de-formatore di colleghi (poco presenti e curiosi sull’argomento) e di altri professionisti socio-sanitari, autore ed unico esecutore di un faticoso progetto di supervisione di anziani in residenze, mai pubblicato su riviste scientifiche (La strage delle innocenti è su www.alzheimerudine.it e su www.ferdinandoschiavo.it). Non devo “far carriera”, va bene così.

Noi pensionati vispi e attivi non contiamo nulla, e tuttavia siamo l’espressione ancora vivente, ribelle e resistente per fortuna, a questa voglia di nuovo, di usa e getta, di informazioni e conoscenze da chiedere al sacro internet e non più a chi ha i capelli bianchi.

Oggi, chi è competente nella complessità?

Nel 1999, ad un convegno, un direttore di cattedra di neurologia dichiarò in pubblico, seppur amabilmente, che esageravo nel dichiarare l’esistenza della complessità nel campo delle demenze in quanto mostravo nel mio modello accanto ai sintomi cognitivi e comportamentali anche quelli motori (di tipo parkinsoniano, non sempre assenti) e quelli vegetativi e sensoriali (poco considerati e quasi sempre presenti, almeno alcuni, nel corso dell’evoluzione – e a volte anche prima della comparsa dei sintomi cognitivi – nei vari tipi di demenza: perdita dell’odorato, stitichezza, ipotensione ortostatica, dimagrimento, scelta dei cibi e modifiche del gusto, senso del caldo e freddo, controllo degli sfinteri, anomalie dell’architettura del sonno, ecc.).

Quello schema oggi compie 20 anni ed è in fondo ancora più complesso, se consideriamo il resto!!!

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Visti i tempi e la decadenza del senso di responsabilità, desidero lasciarvi con uno scritto di Michele Serra apparso qualche settimana fa su l’Espresso.

Il CRETINO, nella magistrale lettura di Fruttero & Lucentini, non è banalmente la persona stupida. E’ prima di tutto l’incosciente. E’ colui che si sente responsabile di nulla, a partire da ciò che fa e ciò che dice, perché la colpa è comunque degli altri. Un collezionista di pretesti, un mai cresciuto, un bimbominkia ampiamente over-trenta. Incosciente e lagnoso, impreparato alle delusioni e alle sconfitte, incapace di farsi carico delle proprie disgrazie “senza dare colpa all’epoca e alla storia” (Gaber).

Una corolla di alibi circonda il suo ego, lo protegge da se stesso, da quella durissima prova che é la cognizione dei propri limiti.

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23 marzo 2019 – Pasian di Prato, Cinema e demenze

Pubblicato su 1 Marzo 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 23 MARZO 2019 ALLE ORE 09.30

PRESSO L’AUDITORIUM E. VENIER DI PASIAN DI PRATO

CINEMA E DEMENZE: TRA PERDITA DELLE PAROLE E SCOMPARSA DELLE PERSONE

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

 

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Dal 20 marzo 2019 – Thiene, Ciclo formativo di incontri AGRT

Pubblicato su 1 Marzo 2019 di Ferdinando Schiavo

DAL 20 MARZO 2019 INIZIA IL CICLO FORMATIVO DI INCONTRI ORGANIZZATI DA AGRT A THIENE

  • 20 marzo. “La contenzione nelle strutture residenziali per anziani: tavola rotonda tra esperti”.   Dr. Rodriguez Daniele e Dr. Martinotta Sonia
  • 10 aprile. “I farmaci e l’anziano: possibili implicazioni con l’attività riabilitativa”.  Dott. Ferdinando Schiavo
  • 5 giugno. “I gruppi ABC”. Dr. Benetti Paola
  • 18 settembre. “Cure palliative in casa di riposo: il ruolo del fisioterapista e del logopedista”.  Dott. Poles Giovanni
  • 6 novembre. “Conoscere e capire le demenze: gestione dei disturbi del comportamento nell’ottica della riduzione della contenzione. Gruppi di lavoro interattivi”.  Dr. Calcaterra Elisa
  • 4 dicembre. “La non-contenzione è possibile? Discussione e proposte”. Dr. Frizzo Elisa

Zefiro Formazione srls

Sede legale: via Meschio 4, 31044 Montebelluna TV, Italy

email segreteria: info@zefiroformazione.eu

PEC zefiroformazione@legalmail.it

tel +39 0423 1916732 – fax +39 0423 1780006

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16 marzo 2019 – Udine, Convegno sulla tutela giuridica dell’anziano con demenza

Pubblicato su 1 Marzo 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 16 MARZO 2019 DALLE ORE 15.00 ALLE ORE 18.30

PRESSO LA SALA VALDUNGA DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI UDINE

CONVEGNO SUL TEMA “LA TUTELA GIURIDICA DELL’ANZIANO CON DEMENZA”

A conclusione dell’evento ci sarà un momento conviviale per tutti i partecipanti

Crediti formativi per avvocati

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16 marzo 2019 – Udine, incontro sul tema “Alimenti per le menti”

Pubblicato su 1 Marzo 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 16 MARZO 2019 DALLE ORE 10.00 ALLE ORE 12.00

“ALIMENTI PER LE MENTI”

Incontro per capire come prevenire le malattie neurodegenerative attraverso una sana alimentazione e semplici regole da adottare come stili di vita

Relatori dott. Ferdinando Schiavo, neurologo e dott.ssa Chiara Baradello, biologa nutrizionista

Via Brigata Re, 29 a Udine

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9 marzo 2019 – Cabernardi di Sassoferrato, incontro sul tema “Ciabatte Rosse”

Pubblicato su 1 Marzo 2019 di Ferdinando Schiavo

SABATO 9 MARZO 2019 ALLE ORE 16.30

In occasione della Festa della Donna, incontro con il dott. Ferdinando schiavo, neurologo

“CIABATTE ROSSE”

C/O LA SALA MULTIMEDIALE DEL MUSEO DELLA MINIERA DI ZOLFO A CABERNARDI DI SASSOFERRATO

Alle 14.30 visita guidata al Museo della Miniera ed al Parco Archeominerario

Alle 19.30 cena persso la sala Parrocchiale Circolo ACLI

Il ricavato sarà devoluto in beneficienza

Per info e prenotazioni tel. 338.6231717 – 348.9056348

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8 marzo 2019 – Osimo, incontro sul tema “Ciabatte Rosse”

Pubblicato su 1 Marzo 2019 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 8 MARZO 2019 DALLE 21.00 ALLE 22.00

In occasione della Festa della Donna, incontro gratuito con il dott. Ferdinando schiavo, neurologo

“CIABATTE ROSSE”

C/O LA FONDAZIONE RECANATESI – Residenza per anziani – in via Flaminia II nr. 68 a Osimo

L’incontro è dedicato ai professionisti della sfera sociale e sanitaria di ogni livello e grado, ai familiari, agli studenti e a tutti i cittadini

Per info e prenotazioni tel. 071.714714

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20 dicembre 2018 – San Pietro al Natisone, Conferenza “Sano è chi vuol sapere”

Pubblicato su 5 Dicembre 2018 di Ferdinando Schiavo

GIOVEDI’ 20 DICEMBRE 2018 ALLE ORE 18.30

presso la Sala Consiliare di San Pietro al Natisone, in via Alpe Adria 58

il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo, terrà una conferenza sul tema

“SANO E’ CHI VUOL SAPERE” – EQUILIBRIO TRA MENTE E CORPO: VIAGGIO TRA I CONFINI DELLA FRAGILITA’

Previsto un intermezzo musicale con archi

Tutta la cittadinanza è invitata

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15 dicembre 2018 – Siracusa, corso: “I mille volti della solitudine nell’età avanzata”

Pubblicato su 4 Dicembre 2018 di Ferdinando Schiavo

SABATO 15 DICEMBRE 2018 DALLE ORE 08.30

CORSO “I MILLE VOLTI DELLA SOLITUDINE NELL’ETA’ AVANZATA – FRAGILITA’ E POSSIBILI SOLUZIONI”

Aula Magna Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri della Provincia di Siracusa

Segreteria organizzativa Kaleo Servizi Srl – Piazza Euripide, 21 – Siracusa – Tel. 0931/69171

Alla fine del corso i partecipanti riceveranno l’attestato di attribuzione dei crediti formativi

Clicca qui per scaricare la locandina completa dell’evento

 

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4 e 5 dicembre 2018 – Novara, XVII Giornate Geriatriche Novaresi

Pubblicato su 1 Novembre 2018 di Ferdinando Schiavo

MARTEDI’ 4 E MERCOLEDI’ 5 DICEMBRE 2018

PRESSO L’AUDITORIUM DELLA BANCA POPOLARE DI NOVARA, IN VIA NEGRONI 11 A NOVARA

AFORISMA SRL, A.M.A. ONLUS E A.U. ONLUS PRESENTANO L’EVENTO SCIENTIFICO

XVII GIORNATE GERIATRICHE NOVARESI

Mercoledì 5 dicembre alle ore 09.30 interverrà anche il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Clicca qui per scaricare il programma completo dell’evento

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30 novembre 2018 – Pieve di Soligo, evento informativo “Sano è chi vuol sapere”

Pubblicato su 7 Ottobre 2018 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 30 NOVEMBRE ALLE ORE 20.30 PRESSO L’AUDITORIUM BATTISTELLA MOCCIA A PIEVE DI SOLIGO (TV)

EVENTO INFORMATIVO “SANO E’ CHI VUOL SAPERE”

“Oltre la mente, il corpo fragile: viaggio ai confini della fragilità tra demenze, parkinsonismi e malattie da farmaci”

Interverrà il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo – Modera la serata il giornalista Federico Citron

Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare

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24 novembre 2018 – Udine, Convegno sulla tutela degli anziani

Pubblicato su 7 Ottobre 2018 di Ferdinando Schiavo

SABATO 24 NOVEMBRE 2018 DALLE ORE 15.30

PRESSO LA SALA VALDUGA DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI UDINE

l’Associazione di Tutela dei Diritti del Malato della Provincia di Udine presenta il convegno

LA TUTELE DEGLI ANZIANI: BUONE PRATICHE PER LA CURA E L’ASSISTENZA NEL RISPETTO DELLLA PERSONA

Interverrà anche il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Ingresso libero, seguirà momento conviviale con buffet

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17 novembre 2018 – Udine, Convegno “La Solitudine in età avanzata”

Pubblicato su 7 Ottobre 2018 di Ferdinando Schiavo

SABATO 17 NOVEMBRE 2018 DALLE ORE 09.30 ALLE ORE 13.00

PRESSO LA SALA GUSMANI, PALAZZO ANTONINI (UNIV. DI UDINE)

in via Petracco 8 a Udine

Convegno sul tema

LA SOLITUDINE IN ETA’ AVANZATA: FRAGILITA’, DEPRESSIONE, DEMENZE E POSSIBILI SOLUZIONI

Interverrà, fra gli altri, anche il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

INGRESSO LIBERO

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

Clicca qui per scaricare il programma completo del convegno

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26 ottobre 2018 – Biella Piazzo, Esperti a confronto: un anno di mente locale

Pubblicato su 7 Ottobre 2018 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 26 E SABATO 27 OTTOBRE 2018

PRESSO PALAZZO GROMO LOSA, IN VIA GRAMSCI 29 A BIELLA

in occasione del primo anno di attività del Centro Mente Locale, ideato e gestito da AIMA Biella si terrà l’incontro informativo

ESPERTI A CONFRONTO: UN ANNO DI MENTE LOCALE

Sabato 27 ottobre interverrà anche il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

Clicca qui per scaricare il comunicato stampa

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17 ottobre 2018 – Dolo, incontro formativo “Nei territori delle demenze, tra falsi miti ed errori, oltre i luoghi comuni”

Pubblicato su 7 Ottobre 2018 di Ferdinando Schiavo

MERCOLEDI’ 17 OTTOBRE 2018 A SAMBRUSON, FRAZIONE DI DOLO (VE), DALLE ORE 17.30 ALLE ORE 19.00

COOPSERVIZI GROUP FVG E IL COMUNE DI DOLO

ORGANIZZANO UN INCONTRO FORMATIVO SULLE DEMENZE DAL TITOLO

“NEI TERRITORI DELLE DEMENZE, TRA FALSI MITI ED ERRORI, OLTRE I LUOGHI COMUNI”

Ingresso libero e gratuito

Clicca qui per scaricare la locandina dell’evento

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12 ottobre 2018 – Sarego, L’Alzheimer incontra l’arte

Pubblicato su 7 Ottobre 2018 di Ferdinando Schiavo

SERATA DI SENSIBILIZZAZIONE ALLA MALATTIA A CURA DEL CENTRO SERVIZI ANZIANI G. BISOGNIN DI SAREGO

“L’ALZHEIMER INCONTRA L’ARTE”

VENERDI’ 12 OTTOBRE 2018 ALLE ORE 20.30 IN VIA CHIESA SAREGO (VI)

Clicca qui per scaricare il programma dell’evento

Interverrà il dott. Ferdinando Schiavo, neurologo

 

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29 settembre 2018 – Montespertoli, RelAzioniamoci, un giorno per riflettere

Pubblicato su 7 Settembre 2018 di Ferdinando Schiavo

Sabato 29 settembre 2018 a Montespertoli, presso il Centro per la cultura del Vino “I Lecci” in via Lucardese, 74

La Casa di riposo Santa Maria della Misericordia invita la cittadinanza all’evento

“RelAzioniamoci: un giorno per riflettere”

Clicca qui per scaricare il programma dell’evento

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28 settembre 2018 – Villa Celestina – Castiglioncello, 7° mese mondiale Alzheimer

Pubblicato su 7 Settembre 2018 di Ferdinando Schiavo

VENERDI’ 28 SETTEMBRE 2018 ALLE ORE 15.00

Costa Etrusca Onlus, in collaborazione con il Comune di Rosignano Marittimo, organizza il

7° Mese mondiale Alzheimer

“Malattia di Alzheimer: un’ipotesi di vita”

a Villa Celestina – Castiglioncello

In caso di maltempo l’evento avrà luogo presso la Sala Don G. Nardini in via dei Lavoratori, 23 – Rosignano Marittimo

Clicca qui per scaricare il programma dell’evento

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22 settembre 2018 – Visionario Udine, FAR MIND, La mente lontana

Pubblicato su 7 Settembre 2018 di Ferdinando Schiavo

SABATO 22 SETTEMBRE 2018 PRESSO IL VISIONARIO, IN VIA ASQUINI,33 A UDINE

FAR MIND – LA MENTE LONTANA

UN VIAGGIO INTORNO ALLE DEMENZE ATTRAVERSO LO SGUARDO DEL CINEMA

Clicca qui per scaricare la locandina completa dell’evento

L’arte deve scuotere e non sempre consolare!

Uno dei compiti per chi si occupa di malattie devastanti come le demenze consiste nel fornire ai pazienti, ai loro familiari, agli operatori sociali e sanitari ed ai comuni cittadini che desiderano accrescere le loro conoscenze, informazioni corrette e utili a far fronte a notizie superficiali che spesso vengono propinate dai mezzi di informazione oppure si propagano e circolano tra la gente nei meandri dei luoghi comuni.

Nato da un’idea visionaria, Il FAR MIND, LA MENTE LONTANA, riparte quest’anno con la seconda edizione, sempre al Visionario di Udine in occasione della XXV Giornata Mondiale contro l’Alzheimer. L’appuntamento è per la mattina di sabato 22 settembre.

L’associazione ONLUS Demaison ha scelto di trattare il tema inquietante delle demenze attraverso la visione e il commento del film “Una sconfinata giovinezza” traendo dall’opera di Pupi Avati  le scene significative sotto il profilo emozionale e nello stesso didattico e raggruppandole in tre sezioni: gli inizi subdoli (e inquietanti: a chi di noi non è mai capitato di avere difficoltà a ricordare il nome di un alimento noto?), la scelta di amore con i suoi problemi di un accudimento famigliare sostenibile (nella propria abitazione o altrove in un  luogo “estraneo”?), il viaggio nella speranza di un aiuto dal passato col suo epilogo, la scomparsa.

“C’è un bambino che scappa e la sua mamma si dispera perché non riesce più a trovarlo. Dove vanno tutti i bambini che scappano? Perché è così segreto e irraggiungibile quel luogo? Perché le loro mamme non sanno più trovarlo?”.

Il compito di collegare il racconto tra le scene selezionate verrà svolto da Ferdinando Schiavo, neurologo. I commenti e il dialogo con le persone presenti sarà sviluppato da Daniele Cipone, medico di medicina generale e presidente Demaison, da Laura Nave, psicoterapeuta, dallo stesso Ferdinando Schiavo, dall’avv. Gloria De Marco e infine da Claudio Bonivento, che racconterà una personale vicenda.

Evento gratuito

A causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione, e in particolare quella italiana, tra le patologie emergenti, le malattie neurodegenerative stanno conquistando una forte rilevanza sanitaria e sociale: tra queste, spicca il ruolo delle demenze e di alcune manifestazioni spesso correlate, come gli episodi “confusionali” (delirium), frequentissimi e sottovalutati ed il parkinsonismo. Le demenze sono in progressivo aumento nel mondo. Stime recenti hanno smentito quelle fatte pochi anni fa: ad esempio, la cifra prevista di persone con demenza nel mondo per il 2050 è di 131,5 milioni, rispetto al numero precedentemente prospettato di 115 milioni.

Le demenze non sono una ”invenzione” del sistema medico o una normale appendice della vita di chi è sopravvissuto oltre una “certa età”  ma una problematica con basi patologiche, anche se a volte dagli imprecisi confini. E’ quindi un dovere sociale predisporre le condizioni per una diagnosi tempestiva ed accurata per poter identificare soprattutto quelle reversibili, secondarie a farmaci, a lesioni a livello cerebrale di vario tipo fra cui tumori, spesso benigni, ematomi ed idrocefalo cosiddetto normoteso dell’adulto, arteriti craniche autoimmuni, oppure a condizioni internistiche che provocano un abbassamento del sodio, del calcio o degli ormoni tiroidei, ecc.

La diagnosi tempestiva serve anche ad approntare un’assistenza adeguata al fine di ridurre la sofferenza dei malati e dei familiari e per evitare gli eccessi di disabilità indotti da cure non appropriate e dagli effetti negativi di alcuni farmaci. Serve a predisporre per il paziente una dichiarazione di fine vita e, insieme ai familiari, le tutele organizzative, amministrative e legali che si vengono a presentare nel corso spesso drammatico di queste malattie.

In questo campo in inquietante espansione e tuttavia sottovalutato sono numerosi i luoghi comuni, i falsi miti e gli errori che impediscono un intervento corretto per una diagnosi tempestiva e per una gestione adeguata, da parte dei comuni cittadini, degli stessi familiari e persino dei medici.

Scrive Marco Trabucchi su www.leonardo.it nel febbraio 2016: … anche se sta aumentando significativamente il livello di conoscenze sulle demenze da parte dei medici e degli altri operatori sanitari, restano ancora sacche di impreparazione, di scarso interesse, di ridotto impegno.

La struttura clinica delle demenze è caratterizzata da una grande variabilità nell’esordio e nell’evoluzione, per cui bisogna superare quella distorta visione unitaria che vede(va) in passato la demenza di Alzheimer destinata a riassumere tutto lo scenario delle altre demenze. La stessa demenza di Alzheimer, peraltro, è responsabile del 60% circa dei casi totali di demenze e può esordire anche con disturbi cognitivi “diversi” da quelli classici a carico della memoria.

In Italia l’assistenza delle persone con demenza è in larga parte a carico della famiglia e molto meno di istituzioni (soprattutto residenze per anziani). La famiglia, quindi, riveste un ruolo essenziale per diversi aspetti nei diversi stadi di una malattia che comporti demenza. La famiglia si isola socialmente, scompare alla vista di altri familiari ed amici. Non importa se avviene per il peso del compito o perché i comportamenti del congiunto sono imbarazzanti e fonte di disagio. Lentamente e con fatica i sentimenti si adeguano ai crudi fatti, ai fallimenti e alla stessa aggressività del familiare malato, la rabbia si affievolisce lasciando spazio alla pietà e alla tenerezza, alla voglia di protezione. Molto spesso i ruoli si invertono, dolorosamente: da figli, si diventa “genitore del genitore malato”.

Far Mind 2018 (2)   Far Mind 2018 (3)   Far Mind 2018 (1)

CHI SPARISCE PER DEMENZA SOTTOVALUTATA? E SFORTUNA…

A Udine, il 22 settembre, al nostro secondo FAR MIND, LA MENTE LONTANA, commentando il film di Pupi Avati UNA SCONFINATA GIOVINEZZA, abbiamo toccato anche questo aspetto, per me da anni davvero intrigante: gli SPARITI, forse meglio del termine SCOMPARSI che ho usato fino a ieri…, possono allontanarsi per vari motivi, tra cui la presenza di una demenza non diagnosticata, o “non capita” dai medici oppure sottovalutata dagli stessi familiari e dagli amici.

Come capita spesso in questo territorio della mente, dominato e intralciato da numerosi luoghi comuni e pregiudizi, il primo dei quali è determinato da un preconcetto relativo alla terza e quarta età, l’AGEISMO (…tanto è vecchio…) che tutto giustifica; il secondo è favorito dall’idea di “sapere tutto sulle demenze”, che tutte siano “senili” o bene che vada “Alzheimer” e che comunque TUTTE abbiano come sintomi basilari l’arcinoto problema di memoria per avvenimenti recenti.

Nulla di più falso!

Appena sceso il sipario sulle ultime drammatiche scene del film, il mio amico Claudio ci ha emozionati tutti, costringendoci spontaneamente a rifugiarci nel più partecipe, rigoroso e commosso silenzio. Ci ha raccontato della mamma smarritasi in un bosco nell’agosto del 2016 mentre si trovava a Re in pellegrinaggio. Era andata a cogliere fiori di campo a pochi metri dell’albergo che ospitava lei e le altre persone, tra cui quella a cui era stata affidata e che, stremata dal caldo di agosto e dal viaggio, era andata a riposare.

Il suo corpo è stato trovato a marzo del 2017. Claudio ci ha consegnato un pezzo della sua storia e della sua vita non proprio facile.

Non abbiamo filmati di questa straordinaria partecipazione al nostro secondo FAR MIND, delle private confessioni di Claudio, della sua e della nostra commozione: meglio così!

Senza che ci fossimo messi d’accordo prima sui contenuti, senza che io ed altri di Demaison lo interrompessimo, così, nella piena disponibilità di tempo e di cuore, Claudio ci ha regalato un’onda continua di forti emozioni raccontandoci questa sua amara esperienza.

Le emozioni ce le teniamo così, senza uso di orpelli tecnici che questa epoca ipermediatica che tutto fotografa e tutto riprende ci impone. Ce le teniamo così, nello spazio della memoria delle emozioni!!!

E’ insieme ferita e cicatrice…

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I miei interventi come relatore

  • 15 marzo 2023 – Webinar gratuito – Le demenze giovanili
  • Corsi O.S.S. finanziati: sono aperte le iscrizioni
  • 2 dicembre 2022 – San Vito al Tagliamento – Guardare oltre la demenza
  • 25 novembre 2022 – Università della Terza Età APS di Buja – Culturalmente Insieme
  • 24 novembre 20222 – Bologna – Forum non autosufficienza: Le donne anziane e la fragilità
  • 24 novembre 20222 – Bologna – Forum non autosufficienza: Giudici, Notaio, Avvocati e ADS conoscono la complessità delle demenze?
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ALTRE RECENSIONI SU “MALATI PER FORZA”

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"Malati per Forza" - Recensione della Fondazione Leonardo Continua a leggere...

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  • 2 – Malati per forza: le malattie da farmaci (1)
  • 4 – Demenze e Delirium (2)
  • 6 – Malattia di Parkinson e parkinsonismi (2)
  • 7 – Le mie storie di persone malate per forza (3)
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