Alzheimer: se fosse solamente un problema di memoria!
Le demenze non sono una ”invenzione” del sistema medico o una normale appendice della vita di chi è sopravvissuto oltre una certa età (che è peraltro… “un’età incerta”, amava dire Achille Campanile!), ma una problematica con precisi confini. E’ quindi un dovere sociale predisporre le condizioni per una diagnosi accurata (per identificare soprattutto quelle reversibili, secondarie a farmaci, lesioni cerebrali di vario tipo fra cui tumori cerebrali, spesso benigni, condizioni che provocano un abbassamento del sodio o degli ormoni tiroidei, ecc.) e per approntare un’assistenza adeguata al fine di ridurre la sofferenza dei malati e dei familiari e di evitare gli eccessi di disabilità indotti da cure non appropriate e dagli effetti negativi di alcuni farmaci.
In questo campo in inquietante espansione e tuttavia sottovalutato sono numerosi i luoghi comuni che impediscono un intervento tempestivo e corretto per una diagnosi.
Intanto, bisogna dire che tra le abilità cognitive, accanto alla memoria, di cui conosciamo peraltro diversi sottotipi, esistono diverse ed essenziali attività necessarie al complesso funzionamento della nostra mente: l’attenzione (se siamo distratti, storditi dal sonno o da psicofarmaci, memorizzeremo un evento con difficoltà); il linguaggio (esprimersi, comprendere, leggere e scrivere); l’orientamento nel tempo e nello spazio (in che anno, stagione ecc. siamo; dove ci troviamo); le abilità visuo-spaziali (l’occhio “vede” ma è il cervello che esamina e “capisce” lo spazio!) che collaborano con le capacità percettive legate alla gnosia (come l’abilità a riconoscere il water, la propria abitazione, o addirittura i volti dei propri familiari); la prassia (ad es. la perizia nell’organizzarsi per vestirsi o cucinare seguendo un certo ordine nella successione delle azioni); la capacità di pensiero astratto, di critica, di giudizio e di ragionamento e le funzioni esecutive di pianificazione, elaborazione ed eventuale modifica di compiti adattati alle circostanze, doti “sotterranee” che comportano, se alterate, errori nella programmazione di un’azione, la perdita della necessaria flessibilità con conseguente perseverazione in comportamenti errati.
Abbinate alle problematiche cognitive sono presenti quelle comportamentali, numerose e stressanti, che richiederebbero una lunga descrizione: a volte “dipendono” dalle alterazioni cognitive, come avviene quando una persona con demenza non riconosce la propria casa e diventa aggressiva “perché vuole tornare a casa”. Proprio queste manifestazioni in genere risentono poco della terapia con psicofarmaci, la quale potrebbe paradossalmente peggiorarne alcuni aspetti. In altri casi emergono addirittura mesi o anni prima del riscontro dei sintomi cognitivi sotto forma di depressione, apatia o diversi cambiamenti comportamentali.
Infine, va considerato che, oltre alla più nota demenza di Alzheimer, esistono altre demenze caratterizzate da anomalie cognitive e comportamentali di tipo diverso: in queste, attenzione! le funzioni della memoria non sempre sono compromesse in modo prevalente, almeno nelle fasi iniziali.
E per complicare le cose, anche la demenza di Alzheimer può iniziare con “sintomi visivi” (leggi Quando torniamo a casa? del giornalista Michele Farina) oppure con anomalie del linguaggio o delle capacità “organizzative” frontali.
In un quadro di demenza a volte sono interessate precocemente o tardivamente anche le funzioni vegetative (“quelle funzioni che non comandiamo con la volontà” e che, in collaborazione con l’apparato endocrino, riguardano l’attività cardiaca, il controllo dei valori pressori e degli sfinteri, l’organizzazione della biologia del sonno, la fame, la scelta dei cibi, la sete, il peso corporeo, la sensazione corporea di freddo o caldo, la sessualità, ecc.) e quelle motorie: in questo caso i sintomi e i segni motori riproducono quelli della malattia di Parkinson (MP), oppure sono realmente di matrice parkinsoniana come accade nella MP che evolve in demenza, o ancora nella demenza a corpi di Lewy (LBD). Nelle Encefalopatie vascolari per danni multipli a livello delle strutture tronco-cerebellari o della aree corticali associative, sono presenti aspetti parkinsoniani ed altri di tipo atassico (alterazioni dell’equilibrio) o aprassico (organizzativo).
Chi si occupa di un caso di demenza complessa devono prendere in considerazione questi vari aspetti ed il “sottofondo” delle altre patologie, sia per la correttezza della diagnosi che per le aumentate difficoltà nella gestione della terapia, non dimenticando di tenere nel debito conto il contesto costruito da “quella” persona con demenza, con la sua storia personale, unica, e dai componenti della sua famiglia.