Il delirium è una manifestazione frequente, addirittura è più comune dell’ ictus cerebrale – ovvero della terza causa di morte nel mondo occidentale e prima causa di inabilità – eppure, malgrado ciò, il suo riconoscimento è raro nelle diagnosi di dimissione dai reparti ospedalieri, confermando che si tratta di un problema clinico sicuramente sottostimato, spesso misconosciuto (pericolosamente nella forma “calma”, ipocinetica) e se non adeguatamente affrontato, causa di gravi esiti funzionali e persino di morte.
Si tratta, in sintesi, di uno stato confusionale, nella maggioranza dei casi reversibile, in cui si mescolano alterazioni dello stato di coscienza (sonnolenza, assopimento), delle abilità cognitive (attenzione, memoria, pensiero, orientamento nello spazio e nel tempo, ecc.), a volte anche della percezione della realtà (allucinazioni, ecc.), del comportamento psicomotorio (agitazione oppure marcata apatia, o più spesso alternanza fra i due stati), del ciclo sonno-veglia, in un quadro complesso spesso fluttuante, che può durare giorni o settimane.
Il rapporto fra delirium e demenze appare di recente sempre meglio delineato, anche se purtroppo ancora non ben apprezzato fuori dalla cerchia ristretta degli esperti.
Alcuni dati significativi:
- il delirium negli anziani di età superiore a 75 anni si associa a demenza nel 50 % dei casi
- una persona con demenza ha un rischio di delirium 2 o 3 volte maggiore e un rischio mortalità pressoché doppio
- il delirium aggrava il decorso e l’evoluzione del quadro di una demenza preesistente
- è frequente che un delirium si manifesti “più facilmente” in un soggetto con demenza sottovalutata o sub-clinica, come accade abitualmente, ad esempio, in occasione di una frattura del femore o durante un episodio febbrile, e che da quel momento emergano definitivamente le problematiche tipiche delle demenze, una volta superata la fase acuta
- a livello clinico possono nascere difficoltà nel riconoscere il delirium se è presente anche la demenza. Il delirium sovraimposto a demenza (DSD) va riconosciuto e possibilmente prevenuto. Per comprendere “dove finisce l’uno e cominci l’altra” bisogna attendere l’auspicabile miglioramento del quadro imputabile al delirium per poi procedere alle valutazioni, nel tempo, della situazione clinica cognitiva e comportamentale residua
- esiste un’associazione fra fattori di rischio genetico di demenza (ApoE-є4) e delirium.